Consenso informato (parte quarta): le conseguenze della violazione

L’acquisizione di un completo ed esauriente consenso informato del paziente costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, dal cui inadempimento può derivare un danno costituito dalle sofferenze conseguenti alla cancellazione o contrazione della libertà di disporre, psichicamente e fisicamente, di sé stesso e del proprio corpo, patite in ragione della sottoposizione a terapie farmacologiche ed interventi medico-chirurgici collegati a rischi dei quali non sia stata data completa informazione.

La mancata prestazione del consenso da parte del paziente è dunque autonomamente rilevante ai fini della responsabilità risarcitoria.

 

Premessa: le finalità del consenso informato

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 10608 del 4 maggio 2018, ha ribadito le finalità del consenso informato, e cioè che il paziente correttamente e compiutamente informato:

° sarà in grado di esercitare il proprio diritto di scegliere tra le diverse opzioni di trattamento medico;

° avrà la facoltà di acquisire, se del caso, ulteriori pareri di altri sanitari;

° avrà la facoltà di scelta di rivolgersi ad altro sanitario e ad altra struttura, che offrano maggiori e migliori garanzie (in termini percentuali) del risultato sperato, eventualmente anche in relazione alle conseguenze post-operatorie;

° avrà la facoltà di predisporsi ad affrontare consapevolmente le conseguenze dell’intervento, ove queste risultino, sul piano post-operatorio e riabilitativo, particolarmente gravose e foriere di sofferenze prevedibili (per il medico) quanto inaspettate (per il paziente);

° avrà anche il diritto di rifiutare l’intervento o la terapia, e/o di decidere consapevolmente di interromperla (in tutte le fasi della vita, anche quella terminale), come esplicazione del suo diritto di libertà individuale.

 

Le conseguenze della violazione del consenso informato

Alla luce delle sopra indicate finalità, risulta evidente che l’obbligo del medico di informare adeguatamente il paziente e di ottenerne il consenso informato permette di tutelare due diritti distinti del destinatario dell’informazione: il diritto alla salute, da un lato, ed il diritto all’autodeterminazione, dall’altro lato.

La violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può dunque causare due diversi tipi di danni:

° un danno alla salute, sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente – su cui grava il relativo onere probatoriose correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; e

° un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione che ricorrerà se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (e, in tal ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute.

Pertanto, anche in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell’arte, dal quale siano (tuttavia) derivate delle conseguenze dannose, qualora l’intervento non sia stato preceduto da adeguata informazione, tale mancanza potrà avere un peso causale sui danni subiti dal paziente.

 

I diversi scenari a fronte della violazione dell’obbligo informativo

In varie pronunce degli ultimi mesi, la Corte di Cassazione elenca in modo analitico le diverse situazioni dannose che possono prospettarsi in caso di violazione dell’obbligo informativo, come segue:

  1. omessa o insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente (se adeguatamente informato) avrebbe in ogni caso scelto di sottoporsi nelle medesime condizioni: in tal caso, il risarcimento sarà limitato al solo danno alla salute subito dal paziente, nella sua duplice componente, morale e relazionale;
  2. omessa o insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente (se adeguatamente informato) avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento sarà esteso anche al danno da lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente; la prova di quella che sarebbe stata la scelta effettiva grava sul paziente;
  3. omessa informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta non colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi (se adeguatamente informato): in tal caso, il risarcimento sarà liquidato con riferimento alla violazione del diritto alla autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute – da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito – andrà valutata in relazione alla situazione differenziale tra quella conseguente all’intervento e quella (comunque patologica) antecedente ad esso;
  4. omessa informazione in relazione ad un intervento (correttamente eseguito) che non ha cagionato danno alla salute del paziente: in tal caso, la lesione del diritto all’autodeterminazione costituirà oggetto di danno risarcibile, sul piano puramente equitativo, tutte le volte che, e solo se, il paziente abbia subito le inaspettate conseguenze dell’intervento senza la necessaria e consapevole predisposizione ad affrontarle e ad accettarle, trovandosi invece del tutto impreparato di fronte ad esse.

Condizione di risarcibilità di tale tipo di danno da lesione del diritto all’autodeterminazione sarà quella che esso varchi la soglia della gravità dell’offesa oltre un certo livello minimo di tollerabilità, che andrà apprezzato dal giudice “nel bilanciamento con il principio di solidarietà secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico”.

Il risarcimento del danno da lesione del diritto di autodeterminazione che si sia verificato per le non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, è subordinato alla prova del relativo pregiudizio ad opera del paziente, che potrà essere fornita anche mediante presunzioni, in un rapporto di proporzionalità inversa, sulla gravità delle condizioni di salute del paziente e sul grado di necessarietà dell’operazione.

 

Il caso

Una signora agisce in giudizio contro il medico curante e l’azienda ospedaliera di appartenenza al fine di ottenere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa dell’intervento chirurgico che le avrebbe provocato una condizione di sterilità, altresì allegando di esservi sottoposta in mancanza di adeguata informazione.

In realtà, a seguito dell’istruttoria, risulta che l’intervento chirurgico contestato era stato correttamente eseguito. V’è di più: la condizione di sterilità della paziente era preesistente all’intervento, e quest’ultimo era diretto a porvi rimedio.

Secondo le Corti di merito, la paziente non avrebbe allegato, ed ancor meno avrebbe fornito la prova, di quale danno avrebbe sofferto per il mancato consenso e la lesione del diritto all’autodeterminazione, avrebbe allegato e provato che – in presenza di adeguata informativa – non si sarebbe sottoposta all’intervento in questione.

La Corte di Cassazione conferma la pronuncia impugnata, dichiarando l’inammissibilità del ricorso (vedi l’ordinanza n. 10608 del 4 maggio 2018).

 

Altro Collegio, altra impostazione

In un’altra recente pronuncia (vedi la sentenza n. 11749 del 15 maggio 2018), la Terza Sezione della Cassazione si è tuttavia pronunciata in senso più restrittivo di quella sopra vista, affermando che non è necessaria alcuna prova al fine dell’autonoma risarcibilità del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, in sé considerato.

Secondo la Corte, la mancanza di informazione causa normalmente (ovverosia, sulla base della normale frequenza statistica) in capo al paziente la perdita della possibilità di esercitare consapevolmente una serie di scelte (che abbiamo già visto sopra); tale perdita concreta, da un lato, la privazione della libertà del paziente di determinarsi circa la sua persona fisica e, dall’altro lato, una sofferenza psichica connessa a tale privazione.

Alla luce di quanto precede, secondo la Cassazione non è necessaria una specifica prova per la risarcibilità del danno da violazione dell’autodeterminazione in sé considerato; mentre in relazione alle eventuali ulteriori conseguenze dannose che non rientrano nella normalità resta necessaria una specifica dimostrazione da parte del paziente.

 

Il caso

All’esito di un intervento di chirurgia oftalmicacataratta sottocapsulare sfociata in trapianto di cornea – un paziente agisce in giudizio contro chirurgo e casa di cura per allegata mancanza di informativa in relazione del tipo d’intervento, dei suoi rischi e delle possibili complicanze.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettano le domande del paziente: nel caso di specie, viene esclusa la risarcibilità del danno da lesione del diritto alla salute derivato teoricamente dalla violazione dell’obbligo di acquisizione del consenso informato, non avendo il paziente fornito la prova che, ove fosse stato correttamente informato dei rischi e delle complicanze dell’intervento, avrebbe verosimilmente rifiutato di sottoporvisi.

Dal canto suo, la Corte di Cassazione ritiene invece censurabile la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la risarcibilità del danno al diritto all’autodeterminazione in sé considerato, senza necessità di specifica prova, e ha dunque rinviato il caso a nuova decisione della Corte d’Appello in diversa composizione (Cassazione Civile, Sez. III, n. 11749 del 15 maggio 2018).

 

Per concludere

In queste settimane abbiamo appena toccato l’amplissimo tema del consenso informato; torneremo sulla materia con dei post più specifici in futuro.

 

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LEGGI I DOCUMENTI

Cassazione Civile, Sez. III, n. 10608 del 4 maggio 2018

Cassazione Civile, Sez. III, n. 11749 del 15 maggio 2018