La transazione tra medico e paziente ed i suoi riflessi sulla responsabilità della struttura

La circostanza che il medico abbia transatto la lite col paziente, venendo liberato dalla propria obbligazione ma non liberando espressamente l’ospedale, non impedisce al paziente né di introdurre, né di coltivare la domanda di risarcimento nei confronti dell’ospedale stesso, e ha per unica conseguenza la riduzione del quantum debeatur: la responsabilità dell’ospedale non viene pertanto meno per il fatto che il creditore abbia liberato il medico dalla propria obbligazione.

 

Oggi vi segnalo un’interessante sentenza della Corte di Cassazione (la n. 26118 del 27 settembre 2021) su un tema squisitamente tecnico, e cioè sui possibili riflessi che può avere la transazione di una parte rispetto alle altre coobbligate e chiamate in giudizio.

 

Il caso

La questione concerne un caso di danni riportati dal feto nel corso del parto.  Il piccolo, nelle ore immediatamente precedenti il parto, subisce una grave asfissia ipossico-ischemica, che lo renderà permanentemente e totalmente invalido; secondo i genitori, la suddetta ipossia va ascritta a responsabilità dei sanitari dell’ospedale, i quali prima non si sono avveduti dell’esistenza dei sintomi predittivi d’una sofferenza fetale, e poi non hanno eseguito tempestivamente un parto cesareo.

I genitori (in proprio ed in rappresentanza del bimbo), dopo aver stipulato una transazione per oltre un milione di Euro con l’assicurazione del ginecologo di turno al momento del parto, agiscono in giudizio contro l’ospedale, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni rispettivamente patiti.

Il Tribunale accoglie la domanda risarcitoria, detraendo dal risarcimento dovuto al minore gli importi già pagati a titolo transattivo dall’assicuratore del ginecologo.

L’ospedale ed il suo assicuratore propongono appello contestando, tra l’altro, che la transazione conclusa fra i danneggiati e il medico avrebbe dovuto precludere in radice la possibilità stessa di accertare la responsabilità di quest’ultimo ed avrebbe dunque dovuto comportare il rigetto della domanda proposta nei confronti dell’Ospedale, ma la Corte d’Appello non condivide i motivi dell’impugnazione.

Vediamo qual è l’esito della valutazione della Corte di Cassazione.

 

La tesi dell’ospedale e del suo assicuratore

L’Ospedale e l’assicuratore, tanto in grado d’appello che avanti alla Cassazione, sostengono la seguente tesi:

(a) la responsabilità dell’Ospedale dedotta in giudizio è una responsabilità non di carattere strutturale/organizzativo, addebitabile in via diretta ed immediata alla struttura sanitaria, ma riconducibile esclusivamente ad una condotta del medico ginecologo, ex art. 1228 c.c., che dunque, per esistere, presuppone l’accertamento di una condotta colposa del medico stesso.

L’art. 1228 c.c. (Responsabilità per fatto degli ausiliari) dispone: “Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.

(b) Nel caso in commento, il fatto che fosse intervenuta una transazione fra i danneggiati e il medico precludeva la possibilità di accertare la condotta colposa di quest’ultimo.

(c) Pertanto, non potendosi accertare la colpa del sanitario, non sarebbe stato nemmeno possibile condannare l’Ospedale al risarcimento del danno.

 

La posizione della Cassazione

Secondo la Suprema Corte, questa tesi non può essere condivisa. Pare, in particolare, erronea la premessa (b), per due ragioni.

Innanzitutto, la responsabilità della struttura sanitaria per il fatto degli ausiliari, di cui all’art. 1228 c.c., è una responsabilità per fatto proprio, non per fatto altrui (come già stabilito, con ampia motivazione, dalla sentenza della Cassazione Civile n. 28987 dell’11/11/2019, già commentata nel mio postIl rapporto tra medico e struttura: alcuni spunti in tema di responsabilità”):

Chi assume l’obbligazione di prestare al paziente assistenza e cura è l’ospedale, e l’eventuale errore commesso dal medico che di quell’ospedale sia ausiliario costituisce ipso facto inadempimento delle proprie obbligazioni da parte dell’ospedale.

L’errore del medico-persona fisica costituisce dunque un mero presupposto di fatto per il sorgere della responsabilità dell’ospedale: e come tutti i presupposti di fatto potrà essere accertato dal giudice incidenter tantum, senza efficacia di giudicato nei confronti del medico e senza necessità che quest’ultimo partecipi al giudizio.

Di conseguenza la circostanza che il medico abbia transatto la lite col paziente, venendo liberato dalla propria obbligazione, non impedisce al paziente né di introdurre, né di coltivare la domanda di risarcimento nei confronti dell’ospedale, ed ha per unica conseguenza la riduzione del quantum debeatur: la responsabilità dell’ospedale non viene pertanto meno per il fatto che il creditore abbia liberato il medico dalla propria obbligazione.

La seconda ragione è che, quale che sia il modo in cui si volesse ricostruire il rapporto tra ospedale e medico, è certo che entrambi rispondono in solido nei confronti del paziente, ed al creditore d’una obbligazione solidale è sempre consentito transigere la lite con uno dei coobbligati, sciogliendo il vincolo solidale rispetto al transigente e riservando i propri diritti nei confronti degli altri.

La liberazione d’uno dei coobbligati, pertanto, non impedisce affatto di accertare la responsabilità di quest’ultimo nel diverso rapporto tra il danneggiato e i restanti coobbligati.

 

Il testo della transazione firmata con il medico

Due sono i punti “deboli” della difesa dell’ospedale e della compagnia assicurativa:

  • nel caso in commento, né l’ospedale né l’assicuratore hanno mai dedotto in giudizio che la transazione stipulata col medico avesse ad oggetto l’intero debito, anziché la sola quota dell’obbligazione gravante su quest’ultimo
  • il testo stesso della transazione (riportato nel ricorso) rendeva anzi palese che quel contratto intese limitare gli effetti della liberazione “alla sola quota di danno attribuibile alla Dott.ssa (omissis)“.

Secondo la Corte:

“La transazione stipulata dal danneggiato con l’autore materiale del fatto non impedisce al primo di ottenere il danno differenziale da quegli che debba rispondere dell’operato dell’autore materiale, quando il creditore ne abbia fatto espressa riserva; il che nel nostro caso è puntualmente avvenuto”.

Attenzione, dunque, a come vengono strutturate le possibili transazioni con i pazienti.

Alla luce di quanto precede, la Suprema Corte ha rigettato il motivo di ricorso formulato dall’ospedale e dall’assicurazione e confermato, sul punto, la sentenza impugnata.

 

L’Avv. Elena Bassan vi saluta e vi augura serene feste natalizie! Ci aggiorniamo l’Anno Nuovo con un nuovo, interessante argomento.

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LEGGI LA SENTENZA

Cassazione Civile, Sez. III, n. 26118 del 27 settembre 2021