Esiste un obbligo di inoltrare il paziente in una struttura meglio organizzata?

Qualora la struttura d’appartenenza presenti delle carenze organizzative o attrezzature inadeguate, il medico è responsabile se non trasferisce o indirizza tempestivamente il paziente verso una struttura sanitaria idonea per far fronte alle sue necessità.

Oggi vi segnalo una recente sentenza del Tribunale di Firenze in materia di omesso trasferimento del paziente in una struttura specializzata.

 

Il caso

Una signora viene ricoverata in una clinica per essere sottoposta ad intervento di protesizzazione dell’anca; al momento del ricovero la stessa presenta ipertensione arteriosa e pregresso scompenso cardiaco e si trova in condizioni generali abbastanza precarie.

A seguito dell’intervento la paziente perde molto sangue, ma nessuna trasfusione di sangue viene eseguita. Il mattino seguente si assiste al crollo dell’emoglobina e la paziente inizia a soffrire di malessere, dolore epigastrico, notevole calo della pressione arteriosa e progressivo sottoslivellamento del tratto ST, indici di elevato rischio ischemico; solo nel primo pomeriggio la stessa viene sottoposta a trasfusione, al termine della quale le sue condizioni risultano nettamente peggiorate.

Passano altre due ore prima della diagnosi di infarto ed edema polmonare, all’esito della quale la donna viene trasferita presso altra struttura sanitaria, dove giunge in stato di shock emorragico e poco dopo decede per edema polmonare acuto insorto a seguito di insufficienza cardiaca per infarto del miocardio.

Naufragato ogni tentativo di conciliazione con la clinica, i figli della paziente agiscono dunque in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al decesso della madre.

 

La tesi degli eredi

Secondo gli attori, i sanitari della Casa di Cura sarebbero stati

  • imprudenti a raccomandare ad un soggetto in età avanzata ed in condizioni generali già precarie di sottoporsi ad un intervento di protesizzazione dell’anca;
  • negligenti per non aver richiesto una consulenza cardiologica pre-operatoria, né una visita anestesiologica per valutare adeguatamente il rischio dell’intervento;
  • imperiti per non aver trasfuso immediatamente la paziente e per aver omesso di disporre il trasferimento tempestivo della stessa in una struttura provvista di cardiologia emodinamica e di reparto di terapia intensiva al momento della comparsa dei primi sintomi, che dovevano far sorgere il sospetto di un infarto

Inoltre, la consulenza tecnica svolta in fase di accertamento tecnico preventivo avrebbe rilevato una responsabilità per disorganizzazione della struttura ospedaliera stessa.

 

L’esito della consulenza tecnica d’ufficio

Il consulente tecnico nominato dal Tribunale ha riferito che, in casi come quello in commento, il paziente, se non trattato nelle prime due ore dalla comparsa dei primi sintomi, usualmente decede nel 70% dei casi.

Nel caso in commento il ritardo d’intervento è stato stimato in oltre cinque ore, ciò che costituisce ritardo critico ai fini della prognosi della possibilità di sopravvivenza. Se la paziente fosse stata assistita tempestivamente, secondo il CTU, avrebbe avuto chance di sopravvivenza pari al 60/70%.

Sul punto, il Tribunale di Firenze fa proprio un precedente della Corte d’Appello di Perugia del 1993, secondo cui

“sussiste colpa nell’esercizio della professione medica quando vi è violazione dei principi di diligenza, prudenza e perizia nell’adempimento dell’obbligo di intervento attraverso l’adozione di tutte le misure di emergenza necessarie, quali la pronta convocazione di specialisti ovvero l’immediato trasferimento del paziente presso strutture all’uopo specializzate”.

 

Ma quando è necessario provvedere all’invio del paziente in strutture specializzate?

La Corte di Cassazione, pronunciandosi sul tema dei controlli ecografici sul feto, ha stabilito che il sanitario che formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l’obbligo di informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell’esercizio del diritto della gestante di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti.

L’obbligo gravante sulla struttura sanitaria e sullo stesso medico strutturato che abbia operato la diagnosi di informare la paziente di poter ricorrere a centri di più elevata specializzazione, tuttavia, non è indiscriminato, ma

“sorge, innanzitutto, in ragione di un presupposto inadempimento addebitabile unicamente alla struttura sanitaria, di aver assunto la prestazione diagnostica pur non disponendo di strutture all’uopo adeguate, così da ingenerare nella paziente l’affidamento che il risultato diagnostico ottenuto (di normalità fetale) sia quello ragionevolmente conseguibile in modo definitivo”.

Si tratta dunque di un obbligo legato a deficit organizzativi della struttura sanitaria la quale, nonostante la propria inadeguatezza, assuma una prestazione di spedalità in favore di un paziente. La struttura sanitaria è infatti obbligata a mettere a disposizione non solo il personale sanitario, ma anche le necessarie attrezzature idonee ed efficienti.

In caso di inadempimento dell’obbligo informativo risponde beninteso non solo la struttura inefficiente, bensì anche il medico che è tenuto ad informare il paziente degli eventuali limiti organizzativi e di adeguatezza degli strumenti diagnostici.

 

Valutare l’efficienza delle strutture allo stato dell’arte

A contrario, ciò significa che se la struttura sanitaria possiede delle apparecchiature comunque da ritenersi adeguate allo stato dell’arte, il medico non è necessariamente tenuto ad indirizzare il paziente verso un centro maggiormente specializzato.

In tal senso si è espressa nel 2016 la Corte di Cassazione (vedi la sentenza n. 4540 dell’8 marzo 2016), in relazione ad un caso di omessa diagnosi di gravi malformazioni fetali che non erano state rilevate mediante gli esami ecografici.

All’epoca dei fatti – parliamo del 1986 – uno studio condotto in Italia su 135 ospedali in 17 Regioni aveva accertato che i mezzi diagnostici utilizzabili consentivano infatti una diagnosi precoce delle anomalie fetali con una affidabilità limitata, comunque non superiore al 18% per ecografie eseguite prima della 24° settimana di gravidanza. Pertanto,

“in meno di un caso su cinque era possibile diagnosticare la patologia, anche nei centri specializzati all’epoca dei fatti”.

La Corte ritenne dunque che, sebbene la diagnosi fosse “astrattamente possibile”, la stessa era da ritenersi altresì “assai improbabile”, con conseguente esclusione di qualsiasi colpa dei sanitari coinvolti per l’omessa diagnosi.

 

In sintesi

Tornando allo sfortunato caso deciso dal Tribunale di Firenze, è stato accertato che i sanitari

° hanno omesso le visite e gli accertamenti strumentali necessari a valutare l’indicazione all’intervento, in una paziente con scompenso cardiaco e un’età avanzata;

° contro ogni buona prassi hanno omesso l’invio immediato della paziente al Policlinico distante solamente pochi chilometri e dotato di tutte le attrezzature necessarie a trattare tempestivamente la patologia acuta sofferta dalla stessa, non presenti invece nella struttura interessata.

Il consulente tecnico nominato dall’ufficio ha ritenuto che, se la paziente fosse trattata in un centro specializzato, vi sarebbero state probabilità del 60/70% di salvare la sua vita. Il Tribunale ha dunque ritenuto sussistente una “relazione causale diretta anche se non certa, ma comunque altamente probabile, tra il decesso e le mancate cure tempestive della patologia infartuale in atto” e condannato la Casa di Cura a risarcire il danno da morte ai figli della paziente, anche per la quota del coniuge nel frattempo deceduto.

 

Per concludere

Il medico è responsabile se, in caso di inadeguatezza delle dotazioni della struttura in cui opera a far fronte alle necessità del paziente, non trasferisce od indirizza tempestivamente lo stesso ad altra struttura idonea.

La regola completa quella della diligenza esigibile dal professionista: vedi, al riguardo, il mio precedente post La diligenza del medico? Varia in base al grado di specializzazione e di efficienza della struttura.

 

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LEGGI LA SENTENZA

Tribunale di Firenze, sentenza 21.06.2018