Responsabilità per lavoro d’equipe: il secondo aiuto risponde se non controlla l’attività altrui

Non è sufficiente che il secondo aiuto di una equipe medica compia correttamente le specifiche mansioni a lui direttamente affidate: per andare esente da ogni responsabilità, il professionista deve controllare che i colleghi non incorrano in errori evidenti e non settoriali, e se necessario segnalare il proprio dissenso.

 

Il caso

Siamo nel 1994. Una signora, apparentemente in ottima salute, si rivolge all’ortopedico di fiducia per l’esecuzione di un intervento non urgente di protesizzazione all’anca. In vista dell’intervento, la paziente consegna ai curanti gli esami del sangue eseguiti qualche mese prima, che evidenziano valori gravemente alterati; la paziente viene dunque nuovamente sottoposta ai prelievi ematici di routine e poi all’intervento programmato.

A seguito dell’intervento la signora non si riprende ed anzi incontra un rapido ed apparentemente inspiegabile declino, che la conduce in breve tempo a contrarre numerose infezioni, a perdere progressivamente vista ed udito, ed infine a contrarre un devastante cancro alla pelle. Durante uno dei ricoveri emerge che la paziente è positiva al test HIV, virus presumibilmente già presente, ancorché non diagnosticato, prima dell’operazione; la paziente morirà a breve nel reparto degli ammalati di AIDS in stadio terminale.

I figli della donna agiscono in giudizio contro l’intera equipe medica e gli istituti sanitari coinvolti, ritenendo che l’omessa adeguata verifica preliminare delle condizioni fisiche della paziente avrebbe condotto ad una errata scelta clinica – quella di procedere con una operazione non necessaria, né urgente – su una paziente in condizioni fisiche alterate, provocandole una perdita di chances di sopravvivenza a fronte della grave patologia dalla quale era già affetta.

 

Il secondo aiuto? Diligente nello svolgimento delle proprie mansioni…

In relazione alla posizione dei vari componenti dell’equipe medica, la sentenza evidenzia con particolare riferimento alla condotta del secondo aiuto, che lo stesso:

* non aveva il compito di operare direttamente, ma era incaricato di compiere alcune operazioni collaterali e preparatorie, che sarebbero servite a mettere i chirurghi in condizioni di operare agevolmente;

* non era rimproverabile in relazione al compimento delle operazioni di sua stretta competenza, che nel caso concreto erano state correttamente eseguite.

 

… ma secondo la Cassazione è responsabile: vige il principio di controllo reciproco

Nella decisione in esame la Corte di Cassazione afferma, in ogni caso, la responsabilità anche del medico secondo aiuto: grava infatti su ciascun componente dell’equipe un obbligo di diligenza concernente non soltanto le specifiche mansioni affidate a ciascuno, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio.

 

… con dei limiti

Tale principio opera solo per quelle fasi dell’intervento in cui l’attività di equipe è, per così dire, corale, in cui ognuno esercita e deve esercitare il controllo sul buon andamento dello stesso.

Non opera invece in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento, per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica.

 

L’esame della cartella clinica è un atto dovuto

Rientra in ogni caso negli obblighi di diligenza che gravano su ciascun componente di una equipe medico-chirurgica, indipendentemente dalla posizione rivestita, quello di prendere visione, prima dell’operazione, della cartella clinica del paziente, contenente tutti i dati atti a consentirgli di verificare, tra l’altro, se la scelta di intervenire chirurgicamente sia corretta e compatibile con le condizioni di salute del paziente.

 

Il secondo aiuto non è un mero spettatore

La Corte ha ritenuto dunque che anche dal professionista in posizione di minor rilievo di una equipe debba pretendersi una partecipazione all’intervento chirurgico

“non da mero spettatore ma consapevole e informata, in modo che egli possa dare il suo apporto professionale non solo in relazione alla materiale esecuzione della operazione, ma anche in riferimento al rispetto delle regole di diligenza e prudenza ed alla adozione delle particolari precauzioni imposte dalla condizione specifica del paziente che si sta per operare.”

 

Il dissenso va segnalato, anche senza particolari formalità

L’adeguata informazione fa sì che il medico possa segnalare in ogni momento, anche senza particolari formalità, il suo dissenso motivato rispetto alle scelte chirurgiche effettuate, ed alla scelta stessa di procedere all’operazione.

Tale segnalazione è anzi doverosa per andare esente da responsabilità in caso di scelte non condivise.

 

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Cass. Civ., Sez. III, n. 2060 del 29.1.2018