Responsabilità del dermatologo a seguito di depilazione e possibili danni risarcibili

Il trattamento cui si è sottoposta la paziente – depilazione laser alle cosce – configura tutte le caratteristiche dell’atto medico e pertanto l’uso del relativo strumento va riservato a personale medico, o comunque ad ausiliari con competenza qualificata e sempre sotto la supervisione di un sanitario.

Trovate qui il mio secondo articolo per la sezione “Aspetti Legali in Dermatologia” del sito Internet dell’ISPLAD – International-Italian Society of Plastic – Regenerative and Oncologic Dermatology.

Responsabilità del dermatologo a seguito di depilazione e possibili danni risarcibili

Oggi esaminiamo una pronuncia del Tribunale di Napoli (la sentenza n. 3994 del 29 marzo 2016) riguardante un caso di danni riportati da una paziente a seguito di depilazione laser alle cosce.

Il caso all’esame del Tribunale

Una signora si sottopone a depilazione laser ad entrambe le cosce presso uno studio dermatologico.

Il trattamento viene correttamente eseguito durante la stagione invernale ma, pochi minuti dopo il suo inizio, la paziente inizia ad avvertire bruciori alla cute trattata, che la dermatologa tampona con acqua termale, creme ed una iniezione di cortisone.

Il giorno seguente la paziente si reca al vicino ospedale, dove vengono riscontrate ustioni di primo e secondo grado conseguenti al trattamento laser.

La paziente agisce dunque in giudizio contro la dermatologa per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’episodio.

Esaminiamo qui di seguito la decisione del Tribunale.

Chi può utilizzare le macchine per la depilazione laser?

Il primo punto d’interesse della decisione in commento concerne l’individuazione dei soggetti che possono correttamente utilizzare i macchinari per la depilazione laser. Secondo il Tribunale,

“Va precisato che per la tecnica utilizzata, il trattamento cui si è sottoposta l’attrice configura tutte le caratteristiche dell’atto medico e pertanto l’uso dello strumento va riservato a personale medico o comunque ad ausiliari con competenza qualificata e sempre sotto la supervisione di un sanitario”

Il Tribunale sembra voler sottolineare la distinzione tra:

  • la depilazione con strumenti laser di utilizzo esclusivamente sanitario, il cui uso è riservato a personale medico ed eventualmente ad infermieri appropriatamente addestrati – i quali possono operare previa prescrizione del medico e sotto la supervisione di quest’ultimo – di cui tratta la decisione, e
  • la depilazione con apparecchi elettromeccanici per estetisti, opportunamente depotenziati rispetto ai primi ed aventi le caratteristiche tecniche specificate nel Decreto n. 110 del 12 maggio 2011 (modificato dal Decreto Interministeriale n. 206 del 2015, allegato 2 – scheda tecnico-informativa n. 21/b – Categoria: laser estetico defocalizzato per depilazione).

Per un caso recente di responsabilità dell’estetista per danni causati proprio in conseguenza dell’utilizzo di strumenti per la depilazione laser, si veda la sentenza n. 481 del Tribunale di Vicenza, sez. II, del 20 febbraio 2018.

L’esito del trattamento dermatologico

Nel caso in commento, la paziente ha riportato fortunatamente solo danni modesti, che il consulente tecnico d’ufficio nominato dal Tribunale ha valutato essere di natura meramente temporanea:
Sull’epidermide sovrastante la regione anteriore della coscia sx (cute sovrastante il vasto laterale del quadricipite femorale) si repertano, durante l’esposizione a fasci di luce a fluorescenza UV di Wood nr. tre aree ipocromiche di cute normotrofica, non adesa ai piani sottostanti né dislivellata rispetto a quelli circostanti… trattasi di elementi sfumatissimi, appena percepibili alla luce ultravioletta che rappresentano un danno biologico non permanente bensì transeunte.”

Ma quali danni può essere chiamato a risarcire il dermatologo?

La dermatologa del caso in commento è stata dunque chiamata a risarcire danni meramente estetici, pressoché privi di conseguenze definitive per la paziente e perfettamente guaribili nell’arco di poche settimane.
Tuttavia, i danni che possono essere causati in ambito dermatologico, per esempio in caso di trattamento plastico/estetico o rigenerativo non andato a buon fine, possono essere di varia natura e gravità, e vanno ben tenuti presenti quando si entra in contatto con qualsiasi paziente.
In sintesi e senza pretesa di completezza, si potrà avere:

  • un danno alla salute, ovverosia un danno biologico, da intendersi come

“la lesione temporanea o permanente dell’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito” 

(Art. 138 del Codice delle Assicurazioni).

  • Rientra nella categoria del danno biologico anche il cd. danno estetico, che andrà dunque valutato da medico legale, a seconda dei casi, come invalidità temporanea e/o permanente. Si pensi ai possibili esiti cicatriziali, alle lesioni e discromie della pelle, alle depressioni cutanee e così via.
  • Gli inestetismi di tipo estetico, così come le lesioni fisiche di una certa importanza, finiscono frequentemente per avere un impatto sul paziente anche sotto il profilo psichico, con la compromissione durevole di una o più funzioni della personalità, intellettive, emotive, affettive, volitive, di capacità di adattamento e di adeguamento, di relazionarsi con gli altri, che possono giungere fino a condotte devianti, etero o autoaggressive. Il danno psichico si configura frequentemente in questi casi come disturbo ansioso-depressivo o disturbo ossessivo-compulsivo verso il proprio aspetto fisico e – analogamente al danno estetico – sarà oggetto di valutazione medico-legale.
  • Diverso dal danno di psichico è il danno morale, che si configura come uno stato emozionale di sofferenza, tristezza e prostrazione derivante dall’evento dannoso. Il danno morale non sempre arriva ad alterare l’equilibrio interno della persona e le modalità di relazionarsi con l’esterno e non è valutabile come danno biologico: sarà dunque risarcibile separatamente da quest’ultimo.
  • In taluni casi, una lesione della salute (fisica o psichica che sia) potrà riverberare conseguenze anche sul lavoro svolto dal paziente e causare diversi danni risarcibili: (a) una maggiore stancabilità o minore efficienza nello svolgimento dell’attività lavorativa (c.d. danno alla cenestesi lavorativa), che è uno dei possibili aspetti del danno biologico e come tale andrà risarcito; (b) un danno patrimoniale, che potrà atteggiarsi in una riduzione o perdita del lavoro e del relativo reddito, ovvero nella perdita di chance lavorative del paziente.
  • Anche le spese per cure e trattamenti medici affrontati dal paziente per cercare di emendare il danno subito, unitamente alle spese medico-legali, andranno rimborsate dal medico che, con la sua condotta professionale, abbia causato tale danno.
  • Infine, in caso di omessa o inidonea informazione al paziente in relazione alle caratteristiche del trattamento da eseguire, alle relative eventuali controindicazioni, ai rischi, alle alternative esistenti e così via, il paziente potrà richiedere al dermatologo il risarcimento di un danno da omesso consenso informato. Torneremo sul punto in uno dei prossimi post.

Esulano dal quadro che precede anche i danni che potranno essere richiesti, sia dal paziente che dai suoi prossimi congiunti, nei casi più gravi (per es. in caso di omessa diagnosi tempestiva di patologia oncologica, da cui derivi il decesso del paziente), di cui ci occuperemo in separata sede.

La soluzione nel caso in commento

Come abbiamo accennato, nel caso che trattiamo oggi i danni sofferti dalla paziente sono stati modesti e limitati, di fatto, ad un danno estetico di natura meramente temporanea.
In conseguenza della temporaneità del danno estetico, il Giudice ha altresì reputato inverosimile la sofferenza di un danno permanente di natura psicologica. Aldilà dell’opinione espressa sul punto dal consulente tecnico d’ufficio (che aveva ritenuto sussistente un pur modesto “disturbo ansioso-depressivo”), per il Tribunale è stato dirimente il rilievo che la paziente non avesse prodotto in giudizio documentazione sanitaria comprovate l’allegato danno psicologico permanente, causalmente collegabile con i fatti in discussione, aggiornata al momento della cessazione degli inestetismi. Secondo il Giudice,

“essendo cessati gli inestetismi conseguenti al trattamento praticato… il connesso disagio psicologico non ha più ragion d’essere”.

Per tutti i dettagli trovi qui la decisione completa (Tribunale di Napoli, sentenza n. 3994 del 29 marzo 2016).

SCARICA LA SENTENZA DEL TRIBUNALE COMMENTATA

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