Rischio di caduta del paziente e responsabilità della struttura

In base alle raccomandazioni nazionali, la valutazione del rischio-caduta non deve basarsi esclusivamente sulla somministrazione di scale preformate e sui relativi punteggi, quanto piuttosto su una riflessione multidimensionale personalizzata del paziente: l’unico metodo idoneo a prevenire le cadute in ambito ospedaliero è costituito da valutazione, ragionamento clinico e strategia personalizzata di prevenzione su quel paziente e in quel momento, che rappresenta altresì un continuum assistenziale.

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Oggi vi segnalo un’interessante sentenza della Corte Appello Milano in tema di rischio di caduta del paziente e responsabilità della struttura per inidoneo apprezzamento degli indici individuali di rischio del paziente e per omessa adozione delle misure appropriate per il contenimento del suddetto rischio.

Il caso

Una paziente viene ricoverata presso una struttura sanitaria per essere sottoposta a riabilitazione dopo aver subito due interventi chirurgici vertebrali.

Dopo qualche giorno dall’inizio del ricovero, la paziente cade in camera dopo essersi alzata da sola dal letto, senza riportare conseguenze apprezzabili.

Dopo tre giorni, la paziente viene accompagnata in bagno da un operatore sanitario e lì lasciata sola per esigenze di riservatezza, ma cade nuovamente e subisce un forte trauma cranico, con frattura composta interna della parte superiore del cranio.

Viene introdotta una causa per il risarcimento dei danni contro la struttura per erronea valutazione del rischio di caduta della paziente: il Tribunale accoglie le domande e condanna l’ospedale al risarcimento di Euro 338.898,66 oltre ad interessi e spese legali.

Vediamo qual è l’esito dell’appello della struttura.

Rischio di caduta del paziente e linee guida internazionali di valutazione

Un ruolo chiave nella valutazione della responsabilità della struttura nel caso in commento è giocato dal contenuto della consulenza tecnica d’ufficio.

Nello specifico, i consulenti nominati dal Giudice, chiamati ad accertare la conformità della condotta della struttura ai canoni di diligenza richiesti dalla situazione, considerano innanzitutto il ruolo delle linee guida internazionali in materia:

Le linee guida internazionali sottolineano l’importanza della valutazione del rischio caduta nel paziente quale parte integrante dei programmi di prevenzione: individuare precocemente gli ospiti a rischio caduta è infatti target fondamentale al fine di migliorare la qualità del servizio di cura in termini di efficacia, efficienza e qualità percepita”.

Tuttavia, sottolineano i consulenti, non solo è fondamentale l’utilizzo di scale di valutazione del rischio idonee (per esempio Morse, Conley etc.), ma che le stesse siano utilizzate in modo appropriato sia all’ingresso del paziente in struttura sanitaria, sia durante il ricovero

onde cogliere le modifiche soggettive ed oggettive del profilo del singolo paziente, la ripetizione di dette scale durante la degenza rappresenta… un obbligo in capo alla struttura”.

Essenziale la personalizzazione della valutazione

L’applicazione delle linee guida internazionali non è però sufficiente.

Le raccomandazioni nazionali più recenti sostengono che il risk assessment non debba basarsi esclusivamente sulla somministrazione di scale preformate e sui relativi punteggi, quanto piuttosto su una riflessione multidimensionale personalizzata del paziente… l’unico metodo idoneo a prevenire le cadute in ambito ospedaliero è costituito da “valutazione, ragionamento clinico e strategia personalizzata di prevenzione su quel paziente e in quel momento”, che rappresenta altresì un continuum assistenziale”.

Le riportate indicazioni sintetizzano, secondo la Corte d’Appello, la misura della diligenza dovuta da una struttura sanitaria dinanzi ad un paziente a rischio di caduta.

Quali misure è opportuno adottare al fine di limitare il rischio di incidente o, quanto meno, di attenuarne le conseguenze?

Le misure idonee a limitare il rischio di incidente dei pazienti “deboli”, secondo i consulenti del Tribunale, possono essere molte:

“informazione, formazione, monitoraggio notturno e diurno, contenzione e ricollocazione in reparto (ad esempio collocamento del paziente in una camera di degenza vicino l’infermeria) fanno parte degli interventi diretti da applicare immediatamente a paziente a rischio caduta…

Il ricorso ad un caregiver, l’utilizzo di presidi diretti a limitare l’uso del bagno (es. catetere), spondine contenitive, sensibilizzazione del paziente sulla necessità di chiamare il personale e utilizzo di calzari scevri da insidia”.

L’applicazione dei principi al caso concreto

Secondo i consulenti del Tribunale, la cui valutazione viene condivisa anche dalla Corte d’Appello, nel caso concreto è mancata una corretta applicazione sopra esposti.

Le mancanze individuate possono essere così sintetizzate:

  • Applicazione superficiale delle scale di valutazione del rischio di caduta: per quanto, nel caso di specie, sia stata effettivamente utilizzata la scala Morse, “già nelle fasi preliminari della valutazione del rischio… facendo riferimento alle comorbidità della perizianda, all’esame obiettivo annotato nella cartella clinica ed in particolare quanto descritto nella sezione “autonomie”, il punteggio assegnato risulta ampiamente sottostimato”.

“Solo una valutazione diretta, fattuale, obiettiva e multidisciplinare della paziente avrebbe potuto offrire una sintesi operativa, consentendo di mettere in raccordo e/o correggere i risultati contraddittori delle scale… La forte sensazione che emerge in questa analisi è quella di somministrazione procedurale delle scale solo formale e fine  sé stessa”.

  • Mancata rivalutazione del rischio in corso di ricovero: una volta verificatasi la prima caduta della paziente in reparto, non venne eseguita nessuna rivalutazione del rischio e nulla venne modificato nell’approccio di cura, di assistenza e nelle strategie preventive messe in atto.

“Una volta verificatosi l’effettivo evento caduta, a dispetto da quanto atteso/predetto, la rivalutazione del rischio non venne eseguita e nulla fu modificato circa l’approccio di cura, di assistenza e le strategie preventive messe in atto… la caduta rappresenta il principale fattore di rischio per successive cdute; la stessa scala Morse prevedrebbe la rivalutazione del paziente a seguito di ogni evento di caduta e comunque dopo che siano trascorsi cinque giorni dall’inizio del ricovero”.

  • Omessa adozione delle idonee misure di contenimento del rischio:

Un adeguato inquadramento del rischio e la conseguente impostazione di mirate strategie preventive avrebbe fornito le premesse per evitare il verificarsi dell’evento e quindi le sue conseguenze”.

In particolare, la Corte ha condiviso le conclusioni dei consulenti del Tribunale da cui era emersa la negligenza della condotta della struttura anche con riferimento alla predisposizione delle misure idonee a prevenire il rischio di caduta, come il ricorso ad un caregiver che potesse accompagnare la paziente anche all’interno del bagno.

Peraltro, nel caso in commento, “non può esser ex post precisato quale fosse la strategia più idonea a limitare il rischio caduta della signora (…) posto che, a monte, è mancata l’attualizzazione del suo rischio intrinseco-caduta per inefficienza della Struttura che la gestiva”.

Per concludere

Alla luce di quanto precede, la Corte d’Appello ha confermato la decisione del Tribunale, ribadendo la negligenza della struttura sanitaria in ordine alla valutazione e rivalutazione del rischio di caduta e la sua esclusiva responsabilità nella causazione dei danni patiti dalla paziente.

Ci aggiorniamo presto con un nuovo, interessante argomento!

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LEGGI LA SENTENZA

Corte Appello Milano, n. 3203 del 14.11.2023