Pubblicate le nuove linee guida sulla procreazione medicalmente assistita 2024

In data 9 maggio 2024 sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale  le nuove linee guida sulla procreazione medicalmente assistita 2024, che vanno ad aggiornare le precedenti indicazioni in materia, datate 2015. Vediamo le principali novità.

L’adeguata informativa agli interessati

In tema di consenso informato della coppia, le linee guida aggiornano l’art. 6 della legge n. 40/2004 e confermano che:

1. prima del ricorso ed in ogni fase della procreazione medicalmente assistita, il medico informa in maniera dettagliata i prospettici genitori sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all’applicazione delle tecniche di PMA, sulla probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti. Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento come alternativa alla PMA

2. Le informazioni sopra viste e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche – che deve essere, ad ogni modo, sempre progressivo – devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa.

3. alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell’intera procedura, nonché le reali percentuali di successo presso quel centro e in generale

4. al momento di accedere alle tecniche di PMA devono essere inoltre chiarite alla coppia, con chiarezza e per iscritto, le conseguenze giuridiche delle proprie scelte, e cioè che

(a) i nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli nati nel matrimonio, o di figli riconosciuti della coppia

(b) qualora si ricorra a tecniche di PMA di tipo eterologo (cioè mediante l’utilizzo di gameti donati da individui esterni alla coppia) in violazione dei divieti previsti dalla legge, il coniuge o il convivente che abbia acconsentito non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità, né l’impugnazione di cui all’articolo 263 dello stesso codice

(c) la madre non può scegliere di non essere nominata nell’atto di nascita

(d) in caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione dei divieti di legge, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere alcun diritto né essere titolare di obblighi nei suoi confronti.

Vanno garantiti alla coppia tempi e modo per ponderare le scelte

La forma scritta del consenso alla procedura è essenziale: la volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di PMA deve essere espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura o a un suo delegato, secondo le modalità indicate nell’apposito Regolamento (D.M. n. 265 del 28 dicembre 2016).

D’altra parte, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla PMA esclusivamente per motivi di ordine medico sanitario e, in tale caso, deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione.

Tra la manifestazione della volontà della coppia e l’inizio dell’applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni.

Ma sappiamo che, molto spesso, per i motivi più vari, il tempo che passa è molto.

Cosa succede se, poi, la situazione tra i due partner cambia ed uno di essi – e, segnatamente, l’uomo – decede, oppure cambia idea e decide di revocare il consenso alla PMA?

La donna è vincolata da tale evento, o è libera di procedere comunque?

Confermata la giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di revoca del consenso informato

Le nuove linee guida danno finalmente una risposta chiara ed univoca sul tema della revoca del consenso da parte del partner maschile.

In particolare:

  • la volontà di effettuare la PMA può essere revocata da ciascuno dei partner solo fino al momento della fecondazione dell’ovulo o, in caso di diagnosi genetica preimpianto, fino al momento del transfer;
  • la volontà al trasferimento dell’embrione in utero – stante quanto previsto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 229 del 2015 – può essere revocata da entrambi i componenti della coppia in qualunque momento quando sia stata applicata una tecnica di diagnosi preimpianto che abbia diagnosticato processi patologici, quali quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, accertati da apposite strutture pubbliche o private autorizzate.

Dopo la fecondazione assistita dell’ovulo, il consenso alla P.M.A. non può essere revocato e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner sia deceduto, ovvero sia cessato il loro rapporto (Corte costituzionale, n. 161 del 24 maggio 2023, da me commentata qui).

Le nuove linee guida abbracciano la posizione espressa dalle recenti sentenze della Corte Costituzionale, fugando molti dei dubbi affermatisi nella prassi.

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Linee guida sulla procreazione medicalmente assistita 2024