Problemi tecnici di particolare difficoltà ed applicazione delle linee guida

La limitazione di responsabilità del medico per problemi tecnici di speciale difficoltà attiene esclusivamente all’imperizia, non all’imprudenza e alla negligenza, con la conseguenza che risponde anche per colpa lieve il professionista che, nell’esecuzione di un intervento o di una terapia medica, provochi un danno per omissione di diligenza.

Oggi vi segnalo un’interessante ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4277 del 12 gennaio 2024) in tema di esenzione della responsabilità professionale per prestazione di speciale difficoltà e linee guida.

Il caso

Una signora viene sottoposta ad intervento di cistopessi per cistocele, a seguito del quale riporta una lesione iatrogena dell’uretere (fistola urogenitale), per emendare la quale viene sottoposta a successivi interventi chirurgici, che si rivelano tuttavia non risolutivi dei postumi riportati (ipofunzionalità renale, stipsi e sindrome ansioso-depressiva).

La paziente agisce dunque in giudizio contro il chirurgo per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale riconosce la responsabilità del medico per le conseguenze lesive riportate dalla paziente e lo condanna al risarcimento di un importo complessivo di quasi Euro 200.000,00; la Corte d’Appello conferma integralmente la sentenza di primo grado.

Vediamo qual è il giudizio della Cassazione sull’impugnazione del medico.

L’esito dell’istruttoria medico-legale

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello pongono a fondamento della responsabilità del chirurgo le risultanze della CTU medico-legale, in base alla quale è stato accertato che:

  • durante l’operazione di cistopessi, era stata cagionata alla paziente una lesione iatrogena dell’uretere di tipo indiretto, posto che la tecnica chirurgica utilizzata non prevedeva manovre dirette su questo organo
  • nonostante il fatto che la paziente, una volta riscontrata la lesione, fosse stata immediatamente trasferita in ambito urologico specializzato, i successivi interventi non erano stati risolutivi, bensì causa di ulteriori complicanze, ma non tali da eliminare la colpa del primo chirurgo per i danni riportati dalla paziente
  • dalla lesione erano derivati postumi dannosi che non si sarebbero verificati se il trattamento originario fosse stato correttamente eseguito.

La difesa del medico: la difficoltà tecnica dell’intervento

Il principale motivo di impugnazione dedotto dal chirurgo concerne l’asserita difficoltà tecnica dell’intervento chirurgico.

Ricordiamo che, sulla base dell’art. 2236 c.c., ove la prestazione effettuata presenti “problemi tecnici di particolare difficoltà”, la responsabilità del professionista è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave. È dunque in tali casi esclusa la responsabilità in caso di colpa lieve del professionista, che funge da scriminante proprio in considerazione della speciale difficoltà tecnica della prestazione richiesta.

Nel caso in commento, stando al chirurgo, la “particolare difficoltà” dell’intervento era data:

  • dall’alto grado del cistorettocele di cui la paziente era portatrice
  • dal sovrappeso di quest’ultima
  • dalla circostanza che essa aveva subito tre tagli cesarei, nonché un’isterectomia.

In secondo luogo il chirurgo sostiene che, in ogni caso, nessuna colpa poteva dirsi sussistente, avendo egli osservato le linee guida applicabili al caso concreto.

Va tuttavia considerato che i consulenti tecnici d’ufficio hanno ritenuto che la condotta del chirurgo sia stata caratterizzata non solo da imperizia, bensì anche da negligenza, stante la rilevata indebita incisione sull’uretere nell’ambito di una tecnica chirurgica che non prevedeva manovre dirette su tale organo.

La giurisprudenza è tuttavia pacifica nel ritenere l’esenzione di responsabilità di cui all’art. 2236 c.c. sia applicabile ai soli casi di imperizia, cioè di violazione delle cd. lege artis:

“tale limitazione di responsabilità attiene esclusivamente all’imperizia, non all’imprudenza e alla negligenza, con la conseguenza che risponde anche per colpa lieve il professionista che, nell’esecuzione di un intervento o di una terapia medica, provochi un danno per omissione di diligenza”

(si veda Cass. Civ., Sez. III, n. 9085 del 19/04/2006).

Inoltre, sempre sulla base dei rilievi peritali, se da un lato le condizioni personali della paziente (sovrappeso, pregressi tagli cesarei ed isterectomia etc.) erano «ben presenti» all’operatore già prima dell’esecuzione dell’operazione, dall’altro lato lo stesso chirurgo non aveva avuto cura di descrivere (per esempio, nel verbale operatorio) «sopraggiunte difficoltà tecniche» meritevoli di nota, tali da giustificare l’errore tecnico occorso.

La conformità della condotta professionale alle linee guida non esime da responsabilità, se le stesse sono mal applicate o inadatte al caso concreto

Sotto il profilo della conformità della condotta del medico alle linee guida, va altresì considerato che, secondo la Cassazione,

“ai fini della limitazione della responsabilità prevista da tale disposizione (cioè l’art. 2236 cod. civ., N.d.R.), non rileva l’astratta conformità della tecnica adottata alle linee guida”.

Con riferimento a questo aspetto, è interessante notare che altra recente pronuncia della Cassazione (la n. 34516 del 2023) ha ritenuto caratterizzata da imperizia la condotta del chirurgo che ha preferito applicare una tecnica chirurgica “codificata” da linee guida, ma più pericolosa per il paziente (il quale ha infatti riportato danni permanenti in conseguenza a tale scelta) anziché altra tecnica chirurgica, già conosciuta al tempo dell’intervento e meno rischiosa per il paziente, ma non ancora codificata in linee guida ufficiali.

In tale ordinanza, la Cassazione sottolinea che

“questa Corte ha ripetutamente escluso sia una rilevanza normativa delle linee (guida, N.d.R.) in parola, sebbene siano un parametro di accertamento della colpa medica (Cass., 29/04/2022, n. 13510), sia, soprattutto, una generale rilevanza “parascriminante” delle stesse che non assurgono al rango di fonti di regole cautelari codificate, non essendo né tassative né vincolanti, e comunque non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la miglior soluzione per il paziente. Di tal che, pur rappresentando un utile parametro nell’accertamento dei profili di colpa medica, esse non eliminano la discrezionalità giudiziale, libero essendo il giudice di valutare se le circostanze del caso concreto esigano una condotta diversa da quella prescritta”.

Tra i miei numerosi post dedicati alle tematiche odierne, vedi:

Prestazione medica di speciale difficoltà e valutazione dell’inadempimento medico

Problemi tecnici di speciale difficoltà: quando la responsabilità del medico può essere giudicata con minor rigore?

Quando i problemi tecnici si considerano di speciale difficoltà?

Rispetto delle prassi ospedaliere anziché delle linee guida: quale l’impatto sulla responsabilità?

Rispetto delle linee guida ed esclusione della responsabilità del medico

Per concludere

Alla luce di quanto precede, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del chirurgo e lo ha condannato sia al rimborso delle spese legali delle altre parti, sia al pagamento di Euro 3.500 per abuso di processo e di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

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LEGGI L’ORDINANZA

Cass. Civ., sez. III, n. 4277 del 12 gennaio 2024