Rispetto delle prassi ospedaliere anziché delle linee guida: quale l’impatto sulla responsabilità?

In ragione dell’esercizio della professione all’interno di struttura specialistica, il medico non poteva ignorare le linee guida, che nel caso concreto dovevano essere scrupolosamente osservate proprio per le condizioni specifiche del paziente. L’osservanza delle prassi interne, difformi rispetto alle linee guida accreditate e prive di basi scientifiche, è pertanto del tutto irrilevante al fine di escludere la responsabilità del medico.

Oggi vi segnalo una recentissima sentenza della Cassazione Penale (n. 39015 dep. 17 ottobre 2022) che torna sull’interessante tema dell’osservanza di linee guida e prassi aziendali.

Il caso

Un signore, a seguito di ischemia cerebrale, viene ricoverato presso il Centro Neurolesi di un istituto ospedaliero per essere sottoposto ad un ciclo intensivo di riabilitazione.

A distanza di un mese dal ricovero le sue condizioni peggiorano ed emerge la necessità di sostituire il sondino nasogastrico. Sennonché, nel compiere tale operazione, il medico incaricato erroneamente posiziona il nuovo sondino nella trachea anziché nell’esofago, determinando così la perforazione del bronco con conseguente passaggio di materiale alimentare nello spazio pleurico di destra, errore non tempestivamente riconosciuto a causa dell’omissione dei controlli radiografici per la verifica del corretto posizionamento del sondino. Il paziente decede due giorni dopo.

Il medico viene condannato sia in primo che in secondo grado per omicidio colposo. Vediamo qual è l’esito del ricorso in Cassazione.

Il controllo radiografico era un atto dovuto?

Uno dei principali motivi di impugnazione della sentenza da parte del medico concerne l’asserita correttezza e sufficienza dei controlli eseguiti in merito al corretto posizionamento del sondino: stando alla difesa del sanitario, lo stesso aveva infatti provveduto alla prova auscultatoria con fonendoscopio con esito positivo, effettuato l’insufflazione di aria nello stomaco e la verifica del contenuto gastrico, sospeso la nutrizione enterale e posizionato la sacca di ristagno senza riscontrare materiale ematico, né segni o sintomi di stress respiratorio a fronte di parametri clinici e strumentali nella norma; non si era dunque profilata la necessità di ulteriori approfondimenti di tipo radiologico.

Secondo la Cassazione, la censura non coglie nel segno.

Al di là dei seri dubbi in merito alla veridicità della ricostruzione dei controlli eseguiti dal medico (la documentazione sanitaria non conteneva infatti nessun riscontro sul punto), all’epoca dei fatti erano disponibili le linee guida relative alla Nutrizione Artificiale Enterale (Linee Guida SINPE 2002).

Tali linee guida indicavano l’esame radiologico come il Gold Standard per la verifica del corretto posizionamento del sondino naso gastrico. Nel caso di specie, il controllo radiografico sarebbe stato necessario anche in considerazione delle specifiche condizioni cliniche del paziente, che non era in grado di reagire a stimoli dolorosi ed esprimere pertanto segnali che potessero essere indicativi di un mal posizionamento del sondino.

Ricordiamo che l’art. 5, comma 1, della legge Gelli-Bianco (Lg. 24/2017) obbliga gli esercenti le professioni sanitarie – nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale – ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee guida (pubblicate ai sensi del successivo comma 3) «salve le specificità del caso concreto».

Alternativamente, le buone pratiche clinico-assistenziali – applicabili n subordine nel caso concreto – avrebbero suggerito l’utilizzo di strisce reattive misuranti il PH dell’aspirato, mentre l’insufflazione di aria nello stomaco e l’auscultazione con il fonendoscopio non erano consigliate in quanto prive di basi scientifiche, non consentendo di verificare il posizionamento del sondino nello stomaco o nell’intestino e presentando un margine d’errore molto elevato.

Quale rapporto tra linee guida e prassi interne?

D’altra parte, secondo la Cassazione, la circostanza per cui presso il Centro Neurolesi fossero in uso prassi interne, difformi rispetto a quelle suggerite dalle linee guida e prive di basi scientifiche, non poteva avere rilievo, giacché eventuali diverse indicazioni (peraltro non documentate nel caso concreto) non avrebbero potuto sostituirsi alle linee guida se non per motivate esigenze.

Sul tema del valore delle prassi ospedaliere, in un suo precedente del 2019 la Cassazione aveva già ricordato che

La prassi ospedaliera (può), al più, porsi come elemento che facilita o complica l’attività diagnostica del medico, ma che non può impedirla, né ritardarla, ove il medico facendo riferimento alle leges artis, si premuri di completare analisi e le valutazioni, che gli competono e che, in ogni caso, la struttura sanitaria assicura. E ciò anche se la prassi ospedaliera imponga una stretta e continuativa interlocuzione con gli altri reparti, non offrendo le agevolazioni logistiche che favorirebbero la semplificazione dei compiti.

È pur vero che la gestione del rischio clinico è definita da un intreccio di relazioni tecniche ed amministrative tra organizzazione sanitaria ed operatori, da un lato, e dalla diretta relazione terapeutica fra il paziente ed il medico, dall’altro, ma compete a quest’ultimo assicurare che il percorso diagnostico-terapeutico, comunque reso possibile dall’organizzazione sanitaria nella quale egli opera, sia portato efficacemente a compimento. Si tratta di obbligo che viene meno solo per cause di tipo logistico organizzativo, quale la sostituzione del medico che aveva originariamente svolto la visita di consulenza -e che attendeva l’esito degli esami da altri disposti al fine di completare la diagnosi- con altro collega, per motivi contingenti, come la fine del turno di lavoro, o l’impiego in altra attività urgente (per esempio l’intervento in sala operatoria). In queste ipotesi, com’è ovvio, la responsabilità della definitività della diagnosi sarà posta a carico del medico subentrante, incombendo sulla struttura ospedaliera il centrale compito di assicurare la pianificazione della successione dei sanitari nelle attività di loro competenza, in modo da garantire la tempestività e la completezza dei dati di indagine necessari per la pronta definizione del caso

(così Cass. Pen. Sez. IV, n. 13573/2019).

Per concludere

Tornando al caso in esame, i giudici di ultima istanza hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso in Cassazione e confermato la responsabilità del medico, in considerazione sia dell’errore esecutivo nel posizionamento del sondino nasogastrico, sia del discostamento immotivato dalle linee guida da applicare nei controlli successivi.

La sentenza riporta l’attenzione sulla necessità di osservanza da parte del professionista sanitario delle linee guida accreditate dalla comunità scientifica, a condizione che le stesse siano giudicate idonee in base alle caratteristiche del caso concreto e salva giustificazione in caso di eventuale discostamento, al fine di escludere la responsabilità colposa del medico in caso di eventi lesivi occorsi al paziente.

Per approfondimenti sull’argomento, vedi anche il mio precedente postRispetto delle linee guida ed esclusione della responsabilità del medico” ed i riferimenti ivi riportati.

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LEGGI LA SENTENZA

Cassazione Penale, Sez. IV, n. 39015 del 17 ottobre 2022