Spunti medico-legali (ed alcuni suggerimenti operativi utili) per l’odontoiatra (parte II)

Oggi completiamo la prima parte del post già pubblicato con qualche ulteriore spunto medico-legale e suggerimento operativo utile per l’odontoiatra – e per i professionisti sanitari in generale per evitare – le “trappole” quotidiane della responsabilità professionale.

Informare o non informare? Questo è il dilemma

Nonostante nessuno osi mettere in dubbio, in linea di principio, la necessità (ed obbligo deontologico) di informare in modo chiaro e completo il paziente sui potenziali rischi di qualsiasi trattamento medico ed odontoiatrico, sono pochi i professionisti che provvedono effettivamente ad informare il paziente in modo adeguato delle caratteristiche del trattamento o intervento che l’attende, specie in merito ai trattamenti apparentemente semplici o moderatamente invasivi.

E’ ben vero che l’esecuzione di qualsiasi trattamento da parte di medici di provata esperienza riduce i rischi, l’incidenza di complicanze e l’impatto del trattamento sulla qualità della vita del paziente; ma è altrettanto vero che anche banali trattamenti conservativi alterano l’integrità dei tessuti e, come tutti i trattamenti medici, non sono privi di rischi o complicanze.

Teniamo presente che il dovere di curare diligentemente il paziente e quello di informarlo ed ottenere il suo consenso informato alle cure sono doveri complementari del professionista sanitario, che si completano a vicenda e che, in caso di danni al paziente, espongono il professionista a responsabilità anche indipendentemente l’uno dall’altro.

Non solo, infatti, il consenso informato del paziente non esime il medico da responsabilità professionale nel caso di errori, ma è vero anche il contrario: e cioè che il medico, pur agendo diligentemente, risponde dei danni riportati dal paziente a causa di complicanze inevitabili del trattamento sanitario se non ha previamente informato il paziente della loro possibilità di verificazione.

Ecco allora che è essenziale comprendere esattamente come comportarsi con riferimento a questo adempimento.

Quanto e come informare il paziente?

La Legge n. 219/2017, art. 1 co. 3, stabilisce lapidariamente che

“Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.

Sono dunque molte le informazioni da dare al paziente, che vanno adeguatamente selezionate, “distillate” e declinate con riferimento a ciascun trattamento ed intervento sanitario, in un documento avente valore legale.

Ma quanto bisogna andare a fondo, specie con riferimento ai rischi del trattamento? E quali dettagli è necessario particolarmente curare? Leggi il mio post dedicato a questo specifico tema: “Consenso informato (parte seconda): l’estensione dell’obbligo informativo“.

Le istruzioni pre e post trattamento devono essere oggetto di specifica informativa?

In un caso commentato nel mio blog tempo fa, la Corte d’Appello dell’Aquila ha condannato un odontoiatra al risarcimento dei danni subiti da una paziente per il fallimento di alcuni impianti.

La Corte così ha argomentato:

  • l’insuccesso del trattamento odontoiatrico era riconducibile causalmente alla mancata osservanza di corrette misure di igiene orale da parte della paziente
  • dette misure (non limitate alla ordinaria pulizia dei denti e della bocca con lo spazzolino ed il filo interdentale, ma estesa all’utilizzo di ulteriori presidi meccanici e chimici) erano determinanti per la buona riuscita del trattamento
  • era onere del sanitario provare di aver fornito alla paziente tutte le informazioni necessarie per assicurare una corretta igiene orale
  • dette misure non risultavano prescritte al paziente nel modulo di consenso informato, né espressamente menzionate in cartella odontoiatrica
  • il dentista era dunque tenuto al risarcimento dei danni subiti dalla paziente.

Attenzione dunque anche a quelle informazioni che appaiono, agli occhi del professionista, superflue e ridondanti, perchè per il paziente (ed anche per un giudice) potrebbero non esserlo!

Necessario informare anche in merito agli esami diagnostici

Uno degli aspetti particolarmente sottovalutati in tema di informativa al paziente e consenso informato concerne l’esecuzione degli esami diagnostici.

Ma attenzione, specialmente in caso di esami radiologici odontoiatrici e di TAC cone beam, perché la giurisprudenza ha affermato che la mera descrizione dell’esame diagnostico al paziente al fine di ottenere la collaborazione di quest’ultimo all’esame non equivale ad acquisirne il consenso informato.

Per approfondire il tema anche sotto altri profili, si veda anche il mio post “Condizioni e limiti dell’utilizzo della radiodiagnostica in odontoiatria.

Che forma deve avere il consenso?

In punto di forma del consenso informato del paziente, l’art. 1 Legge 22.12.2017, n. 219 ha stabilito che “Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, deve essere documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare.

Pertanto, ora e per il futuro, la documentazione scritta o videoregistrata del consenso va considerata la regola.

Ma è proprio necessario predisporre informative e moduli differenziati per tutti i trattamenti ed interventi proposti?

La risposta può essere nei moduli di consenso informato…”in bianco”?

Tempo fa mi è capitato di ricevere via mail, prima della consueta visita annuale di controllo odontoiatrico, un modulo di consenso informato letteralmente “in bianco”, con preghiera di restituirlo firmato prima della visita.

Nel documento in questione mi si chiedeva di dichiarare (ho cambiato leggermente le formule utilizzate, ma il significato è simile) di essere stata ampiamente e con dovizia di particolari informata in merito alle caratteristiche del trattamento odontoiatrico (la cui indicazione era lasciata in bianco), delle controindicazioni allo stesso, di tutti i possibili rischi e complicanze ad esso connessi, e di sottoscrivere il documento per espressa conferma della mia dichiarazione.

Inutile dire che, quando ho segnalato la questione all’odontoiatra incaricato, lo stesso ha risposto costernato che nulla ne sapeva e, dopo le dovute verifiche, era risultato che l’invio del documento “incriminato” era con grande probabilità dovuto ad un automatismo del sistema di gestione degli appuntamenti, che sarebbe stato immediatamente segnalato alla software house dello studio odontoiatrico.

Quali spunti e suggerimenti trarre dall’aneddoto sopra riportato?

Ecco di seguito qualche input che potreste trovare utile:

(1) ottenere il consenso informato del paziente al trattamento non significa ottenere la firma di un qualsiasi modulo, magari generico e/o scaricato da Internet. La formazione del consenso è un processo complesso, e verificare che detto consenso si formi effettivamente ed in conformità della legge è atto di competenza del medico/odontoiatra, non degli assistenti amministrativi;

(2) un modulo “in bianco”, se compilato e firmato dal paziente e poi – ipoteticamente – completato (o anche solo modificato) dal medico, espone l’operatore al rischio di procedimento penale per falso: sul punto, vedi il mio recente post “Reato di falso per il modulo di consenso informato modificato“;

(3) attenzione all’operato dei collaboratori di studio (che siano professionisti sanitari o meno): mai dare per scontate le modalità di gestione (altrui) di questioni tanto delicate!

(4) La legge fa obbligo ad ogni struttura sanitaria, pubblica o privata, di garantire con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi e delle norme di legge in tema di consenso informato, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale in materia (L. 219/2017, art. 1, co. 9 e 10). La violazione di quanto precede può esporre la struttura e/o il medico di riferimento a responsabilità per cd. colpa organizzativa;

(5) ultimo ma non ultimo, il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura, e va considerato nella definizione dei tempi e modi della prestazione sanitaria.

L’acquisizione del consenso con modalità improprie ne esclude la regolarità

In un caso da me commentato proprio sul tema della forma del consenso, la Cassazione ha evidenziato come la struttura e il medico vengano meno all’obbligo di fornire un valido ed esaustivo consenso informato al paziente non solo quando omettano del tutto di riferirgli della natura della cura prospettata, dei relativi rischi e delle possibilità di successo, ma anche quando ne acquisiscano con modalità improprie il consenso.

E dunque, al di là del caso-limite del consenso in bianco, quando il consenso è “acquisito impropriamente”?

In passato, la giurisprudenza ha ritenuto inidoneo il consenso:

Per ulteriori approfondimenti vedi il mio post “Consenso informato: istruzioni per l’uso (parte prima)”.

… E non dimentichiamo che va tutto adeguatamente documentato ed archiviato

Infine non dimentichiamo che, in caso di contestazione,

“è onere della struttura e del medico provare l’adempimento dell’obbligazione di fornirgli un’informazione completa ed effettiva sul trattamento sanitario e sulle sue conseguenze”

(Cass. Civ., Sez. III, n. 18283 del 25 giugno 2021).

La corretta compilazione e conservazione di accurata documentazione clinica e dei consensi alle cure del paziente è, da un lato, la base irrinunciabile per garantire l’eccellenza dei trattamenti e, dall’altro lato, lo strumento fondamentale di autotutela del sanitario in caso di contenzioso con il paziente.

Infatti, l’incompletezza della documentazione clinica può ritorcersi contro il professionista sanitario  e consentire di presumere come provati in giudizio i fatti in essa non annotati ed il nesso fra gli stessi ed il danno alla salute riportato dal paziente.

Attenzione infine, in caso di documentazione elettronica, ad applicare le corrette modalità di formazione e conservazione dei documenti per evitare irregolarità formali, inutilizzabilità dei file e perdite di dati.

Ti servono maggiori informazioni sui temi sopra trattati, oppure hai necessità di supporto per verificare i documenti che usi nella tua struttura? Trovi qui i miei riferimenti di contatto.

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