Il perimetro degli obblighi del medico radiologo

Dall’operatore sanitario, chiamato all’effettuazione di un esame diagnostico, è lecito attendersi non una mera lettura – di carattere liturgico o notarile – degli esiti dell’esame ma, ove tali esiti lo suggeriscano, anche un impulso proattivo all’approfondimento della situazione mediante il ricorso ad esami più approfonditi (o alla diretta esecuzione degli stessi, ove l’operatore sia competente a tanto), senza che tale opzione sia lasciata alla diligenza del paziente.

Oggi vi segnalo una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. III. n. 4652 del 22 febbraio 2021) che ridelinea i contorni della responsabilità del medico radiologo e che non mancherà di far discutere.

Il caso

Una signora si reca presso l’ASL locale per l’esecuzione di un esame mammografico a basso dosaggio, all’esito del quale il radiologo certifica l’esistenza di una “piccola opacità a contorni sfumati” al seno sinistro, disponendo un controllo a distanza di pochi mesi. Cinque mesi più tardi la paziente si sottopone a nuova mammografia, ad esito della quale lo stesso radiologo attesta la sostanziale stabilità della condizione della paziente.

Pochi mesi dopo la paziente si sottopone ad intervento chirurgico di laparocele, in occasione del quale le viene asportato, con il suo consenso, anche il nodulo al seno sinistro. Il successivo esame istologico ne rivela la reale natura di neoplasia maligna, e poco dopo la paziente viene sottoposta a mastectomia del seno sinistro.

In seguito, la paziente ed i suoi famigliari iniziano una causa contro – tra gli altri – il radiologo e l’azienda ospedaliera d’appartenenza contestando che, laddove l’esame effettuato dal radiologo fosse stato eseguito correttamente, la diagnosi tempestiva avrebbe scongiurato l’aggravarsi della patologia ed il verificarsi dei danni che ne erano conseguiti.

Il Tribunale accoglie le doglianze degli attori e condanna il radiologo e l’ASP, in solido, al risarcimento dei danni per omessa diagnosi.

L’esito del giudizio d’appello

La Corte d’Appello riforma la condanna di primo grado e rigetta le domande risarcitorie avanzate in primo grado, giudicando:

priva di prova l’allegazione secondo cui una diagnosi precoce della malattia avrebbe determinato un esito differente della stessa, più favorevole alla paziente

– che al medico radiologo non potesse ascriversi alcuna condotta negligente, posto che non rientrerebbe tra i suoi compiti quello di suggerire lo svolgimento di altri esami o richiedere altri consulti.

Secondo la difesa dell’ASP, infatti, “la funzione del radiologo nell’accertamento radiografico è quello di trascrivere quanto rilevato nella rappresentazione radiografica. Allo stesso, che nel caso di specie ha agito in attività ambulatoria, non compete e non è consentito dare responso diagnostico e curativo, stante che tale compito è demandato al clinico”.

La Corte d’Appello conferma tale impostazione richiamando un noto precedente della Cassazione, l’ordinanza n. 10158 del 27.4.2018 (in merito alla quale vedi il mio post “I limiti della responsabilità del medico radiologo”), secondo la quale “non rientra nei compiti dei radiologi chiamati ad eseguire la mammografia ed a darne corretta lettura suggerire lo svolgimento di altri esami o richiedere un consulto di altri specialisti”.

Qual è dunque il perimetro degli obblighi del medico radiologo?

Ma, secondo la Cassazione, tale pronuncia non si attaglia al caso in commento.

Nel precedente trattato dall’ordinanza n. 10158 del 27.4.2018, infatti, la Corte

“non ha affatto inteso esonerare il radiologo, in termini assoluti, dal consigliare ulteriori esami ed approfondimenti al paziente, ma ha ritenuto di dover evidenziare che – in quello specifico caso – i medici coinvolti si erano attenuti alle linee guida ed in base ad esse avevano prescritto controlli ravvicinati, nel qual caso nessun addebito colposo poteva loro essere mosso, perciò essendo irrilevante procedere all’accertamento eziologico tra condotta del sanitario ed evento dannoso.”

Diverso è invece il caso in commento in cui, constatata dal radiologo la presenza di un’opacità a contorni sfumati ed a fronte di un quadro radiologico che i consulenti tecnici d’ufficio hanno definito “abbastanza aspecifico, di non facile né di univoca interpretazione”, il medico avrebbe potuto e dovuto, sulla scorta delle linee guida vigenti, suggerire alla paziente ulteriori approfondimenti diagnostici.

Proprio la rilevata difficoltà di lettura ed interpretazione dell’esame diagnostico, nonché l’aspecificità del quadro radiologico emerso – lungi dall’assurgere a fonte di esonero per il radiologo dal consigliare ulteriori accertamenti… avrebbero dovuto indurre il giudice a seguire un diverso criterio di giudizio.

Come si declina la diligenza del medico radiologo e, in generale, del professionista medico?

La diligenza cui è tenuto l’operatore sanitario nell’adempimento del suo obbligo professionale non è quella generica del buon padre di famiglia, di cui all’art. 1176, primo comma cod. civ., bensì quella del debitore qualificato, ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, da parametrarsi alla natura dell’attività concretamente esercitata con la conseguenza che, in presenza di paziente con sintomi aspecifici, il sanitario è tenuto a prenderne in considerazione tutti i possibili significati ed a segnalare le alternative ipotesi diagnostiche (cfr. Cassazione Civile, Sez. III, ord. n. 30999 del 30 novembre 2018: si veda il mio commento a questo link).

Di conseguenza, secondo la Cassazione,

è lecito attendersi dall’operatore sanitario, chiamato all’effettuazione di un esame diagnostico, non una mera lettura, di carattere liturgico o notarile, degli esiti dell’esame, ma anche l’impulso proattivo, ove tali esiti lo suggeriscano, all’approfondimento della situazione (o alla diretta esecuzione degli stessi, ove egli sia competente a tanto), anche mediante il ricorso ad esami più approfonditi, senza che tale opzione sia lasciata alla diligenza del paziente, non in grado, solitamente, di comprendere tutte le implicazioni della indagine clinica effettuata. Né il diagnosticante può affidarsi genericamente alla speranza che il paziente, anche in mancanza di qualunque evidenziazione della situazione, si rivolga ad altro specialista in grado di comprendere le suddette implicazioni e di eseguire gli approfondimenti necessari.”

Per tali ragioni la conclusione della Corte d’Appello, secondo cui il radiologo, in presenza di una situazione non chiaramente decifrabile, non sarebbe stato tenuto a prescrivere l’esecuzione di esami più approfonditi o ad eseguirli direttamente laddove competente, non è stata considerata in linea con i criteri di diligenza sopra indicati.

Alla luce di quanto precede, la Cassazione ha accolto il ricorso, cassato la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinviato ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania per una nuova pronuncia in conformità con i principi affermati.

Ci aggiorniamo la prossima settimana con un nuovo, interessante argomento.

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A presto!

LEGGI L’ORDINANZA

Cass. Civ., Sez. III. n. 4652 del 22 febbraio 2021