I limiti della responsabilità del medico radiologo

Non rientra tra i compiti dei medici radiologi quello di visitare il paziente e quello di suggerire lo svolgimento di altri esami o richiedere un consulto di altri specialisti; pertanto, la mancata esecuzione di approfondimenti diagnostici già consigliati al paziente non può essere loro imputata.

Il caso

Nel 1987 una signora si sottopone a mammografia che evidenzia una piccola formazione di natura benigna in corrispondenza del quadrante esterno della mammella destra; i controlli periodici successivi non evidenziano per lungo tempo evoluzioni di rilievo.

Il controllo del febbraio 1999, seguito da esame istologico, conduce però alla diagnosi di carcinoma duttale infiltrante dall’elevato grading (43) e metastasi linfonodali in tre dei ventisei linfonodi esaminati”, per cui la paziente viene sottoposta ad intervento chirurgico d’urgenza.

Secondo la paziente, i due controlli precedenti – eseguiti rispettivamente nel dicembre 1997 e nel giugno 1998 – avrebbero dovuto permettere di diagnosticare tempestivamente e curare il tumore. Inoltre, a seguito dell’originaria mammografia del 1987, erano state consigliate alla paziente indagini medico diagnostiche (agoaspirato e/o prelievo bioptico), che non erano state nella specie utilizzate.

La paziente agisce dunque in giudizio contro l’ospedale ed i due radiologi coinvolti chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della tardiva diagnosi del tumore, a sua volta conseguita alla mancata esecuzione degli approfondimenti necessari.

I due gradi del giudizio di merito vedono la paziente – e, a seguito del decesso di quest’ultima, i suoi eredi – soccombenti.

Con l’ordinanza in commento la Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.

 

Il radiologo non è un clinico né un chirurgo, e non si sostituisce agli altri specialisti

Nella motivazione, la Suprema Corte ribadisce il giudizio già espresso dal Tribunale sulla base della perizia del consulente tecnico d’ufficio che, in sintesi, aveva escluso che la condotta posta in essere dai sanitari convenuti fosse passibile di censure, e questo in quanto questi erano medici radiologi, e dunque non clinici e neppure chirurghi. Nella loro qualità, i radiologi erano chiamati ad eseguire la mammografia ed a darne corretta lettura, ma non a visitare la paziente, anche in considerazione delle difficoltà e delle insidie che comporta la delicatissima semiologia mammaria; inoltre,

non rientrava nei loro compiti suggerire lo svolgimento di altri esami o richiedere un consulto di altri specialisti, di talché la mancata esecuzione dell’approfondimento diagnostico, che era stato consigliato alla paziente nel certificato medico del 2/12/1987, non poteva essere imputato loro”.

 

Corretta l’adesione dei medici alle linee guida internazionali

La Corte rileva poi che nelle mammografie del dicembre 1987 e del giugno 1998 non era visibile il focolaio della neoplasia alla mammella, ma solo microcalcificazioni benigne, in presenza delle quali le linee guida internazionali prevedono un follow up mammografico da effettuarsi in tempi brevi, ma non l’esecuzione di indagini invasive; a tali linee guida risultavano essersi correttamente attenuti entrambi i radiologi, avendo consigliato alla paziente di sottoporsi a controlli ravvicinati.

 

In mancanza di condotta colposa, non è necessario accertare il nesso causale

Pertanto, secondo la Cassazione, in assenza di uno specifico, comprovato addebito colposo elevabile nei confronti dei medici radiologi, non era necessaria la verifica della sussistenza del nesso di causalità tra la condotta dagli stessi tenuti e l’evento – decesso della paziente – poi verificatosi.

In sintesi

In sostanza, nel caso in esame l’esame mammografico, da solo, non era sufficiente alla formulazione di una diagnosi senologica corretta, in quanto esso avrebbe dovuto seguire o precedere la valutazione clinica da parte dello specialista. Tuttavia, la scelta se rivolgersi allo specialista – senologo od oncologo – che nel caso di specie avrebbe probabilmente consentito una diagnosi più precoce del tumore, era rimessa alla paziente e l’eventuale mancanza non era imputabile ai due radiologi.

 

Ma non dimentichiamo i doveri di informazione

Ma attenzione: per adempiere appieno ai propri doveri professionali, il radiologo deve dare al paziente una informazione completa e comprensibile sull’esito degli accertamenti eseguiti, adeguata al livello culturale ed alla capacità di comprensione del paziente, anche in termini di successive iniziative terapeutiche consigliate e relativa tempistica: così la Cassazione in un’altra recente pronuncia. Torneremo sull’argomento in uno dei prossimi post.

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A presto!

 

LEGGI L’ORDINANZA

Cass. Civ., Sez. III, Ord. n. 10158 del 27.4.2018