La lacunosità della cartella clinica non può ricadere sul paziente

L’omessa tenuta o l’incompleta redazione della cartella clinica da parte dei sanitari non può pregiudicare il paziente in giudizio: se la prova di una condotta medica dannosa è impossibile a causa del comportamento del sanitario contro il quale si agisce, il giudice può presumere dimostrata l’esistenza d’un rapporto causa-effetto tra la condotta dannosa del medico ed il danno patito dal paziente.

 

Il caso

Un paziente, sportivo professionista, viene sottoposto ad un intervento chirurgico di ricostruzione del legamento crociato anteriore sinistro, a seguito del quale lamenta un deficit estensorio del ginocchio. Lo sportivo agisce dunque in giudizio contro il chirurgo che l’ha operato e la clinica, domandandone la condanna al risarcimento dei danni. Sia in primo grado che in appello le domande sono rigettate; il paziente ricorre dunque in Cassazione, lamentando tra l’altro che le Corti inferiori non avevano adeguatamente valutato la circostanza che la documentazione clinica disponibile sul suo caso era molto carente, e questa mancanza era imputabile al chirurgo che l’aveva operato.

La Suprema Corte conferma il rigetto delle domande del paziente, constatando che:

  • nel caso di specie, la documentazione clinica prodotta non era in realtà carente
  • l’intervento chirurgico era stato eseguito correttamente
  • non esisteva alcun rapporto di causa-effetto tra la condotta dell’originario chirurgo ed i danni lamentati dallo sportivo.

 

La cartella clinica è lacunosa? L’onere della prova dei fatti di causa grava sulla parte che ne può disporre più facilmente

La pronuncia in questione rappresenta l’occasione per esaminare l’opinione pacifica della giurisprudenza – sia Tribunali che Corte di Cassazione – sulla questione della lacunosità della cartella clinica.

 

Il principio di vicinanza della prova…

Il principio affermato dai Giudici è quello della vicinanza della prova: l’imperfetta o lacunosa compilazione della cartella clinica da parte dei sanitari, infatti, non può pregiudicare il paziente – al quale tale lacunosità non è imputabile – e non può dunque tradursi in uno svantaggio processuale per lo stesso. Infatti, l’eventuale imperfetta tenuta dei documenti clinici è senz’altro qualificabile come inesatto adempimento del professionista,

“essendo obbligo del medico – ed esplicazione della particolare diligenza richiesta nell’esecuzione delle obbligazioni inerenti all’esercizio dell’attività professionale ex art. 1176 c.c. – di controllare la completezza e l’esattezza delle cartelle cliniche e dei referti allegati”

(così Cass. Civ., Sez. III, ord. n. 7250 del 23.3.2018, in materia di responsabilità odontoiatrica).

Pertanto, qualora il paziente sia impossibilitato ad ottenere ed a produrre in giudizio un documento che costituisca la prova diretta delle sue affermazioni, e questa impossibilità sia imputabile ad un comportamento dello stesso soggetto contro il quale deve dimostrarsi il fatto invocato (nel nostro caso, il sanitario convenuto in giudizio, che non ha compilato in modo adeguato la cartella), il Tribunale può presumere che le affermazioni del paziente siano provate.

 

… subordinato ad alcune condizioni

L’incompletezza della cartella clinica è dunque una circostanza di fatto che il giudice di merito può utilizzare sia ai fini dell’accertamento della condotta colposa del sanitario, sia per ritenere dimostrata l’esistenza d’un valido nesso causale (cioè di un rapporto di causa-effetto) tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente.

A tal fine, però, è necessario che:

  • il medico abbia comunque posto in essere una condotta idonea, in astratto, a causare il danno sofferto dal paziente, e
  • che l’esistenza del nesso di causa tra la condotta del sanitario ed il danno non possa essere accertata proprio a causa della mancanza o dell’incompletezza della documentazione clinica, imputabile al sanitario.

In tali casi, incombe dunque sulla struttura sanitaria e sul medico dimostrare che nessun inadempimento sia a loro imputabile, ovvero che l’eventuale inadempimento non sia stato causa del danno, gravando su di loro il rischio della mancata prova.

 

In sintesi

Nel caso esaminato, le domande del paziente sono dunque state correttamente rigettate, considerato che:

  • la consulenza tecnica d’ufficio aveva confermato che non sussistevano, in realtà, carenze nella documentazione clinica in atti
  • l’evento dannoso dedotto dal paziente (il deficit estensorio del ginocchio sinistro) non era dipeso dalla condotta del chirurgo.

Infatti, il paziente aveva ripreso l’attività agonistica sportiva appena nove mesi dopo l’intervento chirurgico, ed i successivi problemi al ginocchio erano sorti tre anni e mezzo dopo, proprio a causa dell’attività agonistica svolta.

 

Per concludere

È sempre consigliabile che la compilazione della cartella clinica e dei referti sia completa ed adeguata ed evidenzi ogni circostanza del caso concreto ed aspetto dell’attività svolta che possa risultare importante in caso di future contestazioni da parte del paziente, per evitare il rischio di condanna dipendente dalla mancanza di prove disponibili.

 

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A presto!

 

LEGGI I PROVVEDIMENTI

Cass. Civ., Sez. III, n. 27561 del 21.11.2017

Vedi anche Cass. Civ., Sez. III, ord. n. 7250 del 23.3.2018