Come informare correttamente il paziente sui risultati diagnostici

Un’informazione incompleta, al pari di una assente, lede i diritti del paziente.

Per adempiere appieno ai propri doveri professionali, il medico deve dare al paziente una informazione completa e comprensibile sull’esito degli accertamenti eseguiti, non in termini professionalmente criptici, bensì adeguati al livello culturale ed alla capacità di comprensione del paziente, anche con riferimento alle successive iniziative terapeutiche consigliate ed alla relativa tempistica.

 

Trattiamo oggi l’argomento dei doveri informativi del medico in merito ai risultati diagnostici, ovverosia di come deve atteggiarsi l’informazione da darsi al paziente all’esito degli esami ed approfondimenti fatti.

 

Il caso

Nel luglio 2000, una paziente si sottopone ad esame eco-mammario, che evidenzia formazioni debolmente ipoecogene ed anecogene: l’ecografista consiglia di effettuare un completamento diagnostico con mammografia e consulenza senologica. Oltre un anno dopo, la paziente esegue un nuovo esame eco-mammario e mammografia: lo stesso ecografista le consiglia una valutazione chirurgica ed un’eventuale prosecuzione diagnostica. Pochi giorni dopo la signora viene visitata da radiologo, che le suggerisce un semplice controllo a sei mesi.

Solo dopo cinque mesi, però, la paziente viene ricoverata presso la stessa struttura ospedaliera con una diagnosi di carcinoma mammario metastatizzato, che la condurrà al decesso un anno e mezzo dopo.

Gli eredi citano in giudizio l’ASL ove erano impiegati entrambi i medici chiedendo il risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale, poi confermato dalla Corte d’Appello, condanna l’ASL per la condotta del solo radiologo. Gli eredi della paziente si rivolgono dunque alla Corte di Cassazione sostenendo che anche l’ecografista sarebbe stato inadempiente e dunque responsabile della tardiva diagnosi, posto che non aveva adeguatamente informato la paziente dell’intensità del rischio in cui si trovata e della conseguente urgenza di eseguire ulteriori approfondimenti diagnostici.

 

La “necessaria informazione”

Nella sentenza in commento, la Corte di Cassazione sottolinea innanzitutto il concetto di “necessaria informazione” medica, la quale deve non solo riguardare e precedere la decisione del paziente di sottoporsi ai trattamenti proposti dal medico – il cd. consenso informato – ma anche concernere i risultati diagnostici.

L’inadempimento dell’obbligo informativo da parte del medico, secondo la Cassazione, può ledere sia il diritto all’integrità psico-fisica del paziente, sia il suo diritto all’autodeterminazione in merito alle scelte successive alla diagnosi; in caso di malato in fase terminale, questa scelta riguarda le modalità di esplicazione del suo “essere persona” nel tempo finale della vita.

 

L’informazione adeguata come mezzo per adempiere ai propri doveri e tutelare il paziente

L’autodeterminazione del paziente deve essere tutelata in modo effettivo e concreto:

  • sia sotto il profilo soggettivo, mediante informazioni trasmesse in termini non professionalmente criptici, bensì adeguati alle caratteristiche della persona che le riceve, il suo stato soggettivo ed il grado di informazioni specifiche di cui dispone; la qualità del paziente obbliga dunque il professionista ad adattare l’informazione al livello culturale dell’interlocutore traducendola in un linguaggio a lui comprensibile;
  • sia sotto il profilo oggettivo, per cui l’informazione deve investire tutti gli elementi idonei a consentire una scelta pienamente consapevole, inclusi il significato intrinseco e le conseguenze della diagnosi, l’eventuale necessità di approfondimenti diagnostici o di iniziative terapeutiche ovvero di ulteriori scelte da parte del paziente, la loro tempistica ed eventuale urgenza.

 

Un’informazione incompleta è un’informazione non data

Secondo la Cassazione, un’informazione incompleta, che non comunichi in modo comprensibile – in considerazione anche delle conoscenze scientifiche del paziente – le caratteristiche di gravità o di rischio di quanto riscontrato e che non segnali la presenza di un’eventuale urgenza in modo specifico e ben percepibile, è dunque equiparabile ad un’informazione assente e lede i diritti del paziente:

“nel caso, quindi, in cui il medico effettu(i) un esame diagnostico entrando in diretto contatto col paziente – come nell’ipotesi, per esempio, di un’ecografia o di una radiografia – stilare un referto in termini scientifici sul suo risultato non è adempimento di un obbligo di informazione, bensì adempimento … del (solo) obbligo di effettuazione dell’esame”.

 

In sintesi

La corretta diagnosi e l’individuazione dei rischi futuri da parte del medico resi mediante un referto scritto non è di per sé sufficiente per adempiere appieno agli obblighi del professionista medico, se lo stesso non comunica in modo adeguato al paziente, col quale ha un contatto diretto, cosa lo attende, quali scelte gli si prospettano e con quali tempistiche.

Per questo motivo la Cassazione, nel caso in esame, ha cassato la sentenza della Corte d’Appello, rinviando ad altra sezione della medesima il giudizio in merito all’inadempimento degli obblighi informativi da parte dell’ecografista nei confronti della paziente.

 

Torneremo a breve sugli obblighi informativi del professionista medico, con specifico riferimento al consenso informato.

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A PRESTO!

 

 

LEGGI LA SENTENZA

Cass. Civ. Sez. III, n. 6688 del 19.03.2018