Quando i problemi tecnici si considerano di speciale difficoltà?

La prestazione sanitaria presenta problemi tecnici di particolare difficoltà quando implica la necessità di risolvere problemi insolubili o assolutamente aleatori, oppure l’esigenza di affrontare problemi tecnici nuovi, di speciale complessità, che richiedano un impegno intellettuale superiore alla media, o che non siano ancora adeguatamente studiati dalla scienza.

Non è necessariamente qualificabile come tale la complicanza, che può afferire anche a prestazioni di carattere routinario.

Oggi vi segnalo una recentissima ordinanza della Cassazione Civile (n. 25876 del 16 novembre 2020) in tema di responsabilità sanitaria e problemi tecnici di speciale difficoltà.

Il caso

Un signore, affetto da diabete mellito, dimentica di assumere la propria terapia e rimane vittima di un malore; viene assistito da un infermiere del Servizio 118 il quale, erroneamente interpretando la condizione del paziente come di coma ipergligemico, gli somministra dell’insulina, in conseguenza della quale il paziente riporta una “sindrome amnesica anterograda residuata a coma ipoglicemico”.

Il paziente agisce dunque in giudizio contro l’ASL per ottenere il risarcimento dei danni riportati, e le sue domande vengono accolte sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello.

Vediamo qual è l’esito della valutazione della Cassazione, che concentra il suo giudizio sul concetto di prestazione sanitaria di speciale difficoltà.

Cosa si intende per “problema tecnico di speciale difficoltà”

Secondo la Cassazione, il problema tecnico di speciale difficoltà rilevante ai fini dell’art. 2236 c.c., che limita la responsabilità del professionista  alle sole ipotesi di dolo o colpa grave, include

“non solo la necessità di risolvere problemi insolubili o assolutamente aleatori, ma anche l’esigenza di affrontare problemi tecnici nuovi, di speciale complessità, che richiedano un impegno intellettuale superiore alla media, o che non siano ancora adeguatamente studiati dalla scienza”

(così Cass. Civ. 31 luglio 2015, n. 16274).

Cosa ha accertato la consulenza tecnica d’ufficio nel caso concreto

Nel caso in commento il consulente tecnico nominato dal Tribunale, pur evidenziando le possibili difficoltà interpretative della crisi del paziente (che presentava un quadro compatibile con il coma iperglicemico), ha accertato che

sia che il paziente avesse versato in coma iperglicemico sia che avesse versato in coma ipoglicemico … in considerazione del comprovato coma ipoglicemico riscontrato presso l’ospedale, la somministrazione di insulina era apparsa una scelta errata, e che delle due l’una, o l’ipoglicemia era stata provocata da un eccessivo quantitativo di insulina o il coma era stato, fin dall’inizio, ipoglicemico e, di conseguenza, la terapia non adeguata.”

Tale giudizio di fatto, secondo la Cassazione, permette di qualificare la difficoltà interpretativa della crisi del paziente (evidenziata dalla CTU nei termini di una compatibilità con il coma iperglicemico) non in termini di problema tecnico di speciale difficoltà, bensì piuttosto come una mera complicanza insorta nel corso dell’intervento.

La complicanza? Non costituisce di per sé una speciale difficoltà tecnica

Nel campo medico, continua la Cassazione, non ogni complicanza costituisce problema tecnico di speciale difficoltà, posto che una complicanza può ben ricorrere anche in interventi di natura routinaria; spetta al sanitario la prova dell’occorrenza, nel caso concreto, di un problema tecnico di speciale difficoltà (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24074).

“La mera difficoltà del quadro sintomatologico non pare di per sé capace, in mancanza di altre circostanze, di ascendere allo stadio del problema tecnico di speciale difficoltà.”

Se il paziente concorre alla causazione del danno per fatto proprio, va considerato il danno differenziale?

Nel caso in questione, la CTU ha accertato che il paziente aveva dimenticato di assumere la propria terapia, concorrendo dunque personalmente ed in modo diretto (con un peso di circa il 20%) a causare il danno finale.

L’ASL ricorrente contesta che la Corte d’Appello avrebbe dovuto scomputare (dal danno “globale”) “la parte di danno formatasi prima del sopraggiungere dell’autoambulanza del 118“, riconoscendo al paziente “solo il danno differenziale quale danno costituente la conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento” dell’infermiere.

Ma si tratta di danno differenziale in questo caso? Secondo la Suprema Corte la risposta è negativa:

“La questione del danno differenziale concerne il caso in cui un sinistro sia idoneo ad aggravare i postumi residuati da un precedente sinistro, avente causa umana o naturale. Si tratta pertanto di danno evento che sopravviene ad altro evento peggiorando lo stato di salute del danneggiato.”

Nella sentenza impugnata, invece, non viene in rilievo la differenza fra uno stato antecedente ed uno stato successivo di salute, bensì “il ciclo causale dell’unico evento di danno, rispetto al quale, come emerge dalla sentenza impugnata, è stato accertato il contributo causale del danneggiato nella misura del 20%.

Il motivo d’impugnazione è stato dunque ritenuto privo di decisività e dichiarato inammissibile.

La conclusione nel caso in commento

Sulla base di quanto precede, la Cassazione ha confermato le precedenti sentenze di merito e rigettato l’impugnazione, condannando l’ASL anche al rimborso delle spese del grado di giudizio ed al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato.

Per approfondimenti sull’argomento, vedi anche i miei precedenti post Prestazione medica di speciale difficoltà e valutazione dell’inadempimento medico e La preesistente complicata condizione fisica del paziente rende la prestazione medica di speciale difficoltà.

Ci aggiorniamo presto con un altro, interessante argomento!

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LEGGI L’ORDINANZA

Cassazione Civile, n. 25876 del 16 novembre 2020