Il consenso informato nella chirurgia estetica

Considerato che lo scopo della chirurgia estetica esula dalla tutela della salute del paziente ed è finalizzato al miglioramento estetico della persona, si può presumere che il paziente non avrebbe prestato il suo consenso all’intervento qualora debitamente informato che all’intervento sarebbe potuto conseguire un inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare.

 

Mi ricollego idealmente al mio precedente post sul tema del consenso informato nella chirurgia estetica per segnalarvi una sentenza del Tribunale di Bari (n. 753 del 19.2.2018) che risulta interessante in vari passaggi.

 

Il caso

Nel 2005 un signore insoddisfatto dell’aspetto del suo naso si rivolge ad una clinica per sottoporsi ad un intervento di rinosettoplastica, consistente nel prelievo di cartilagine auricolare dalla conca dell’orecchio sinistro e nel relativo innesto per riparare una precedente eccessiva rimozione del gibbo osteo-cartilagineo.

Ma l’intervento ha un esito rovinoso: l’innesto di cartilagine prelevata dall’orecchio nella piramide nasale cede subito dopo, l’orecchio sinistro viene irrimediabilmente danneggiato e, infine, il paziente finisce per soffrire di sindrome di ostruzione nasale, prima inesistente.

Il paziente agisce dunque in giudizio contro clinica e chirurgo al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti, allegando altresì di non essere stato compiutamente informato di quello che avrebbe potuto essere l’esito dell’intervento.

 

Come si qualifica l’obbligazione del chirurgo estetico verso il paziente?

Per lungo tempo si è discusso se l’obbligazione assunta dal chirurgo estetico nei confronti del paziente fosse qualificabile come

  • un’obbligazione di mezzi: ovverosia se il chirurgo fosse tenuto ad offrire al cliente la propria attività professionale, impegnandosi a fornire i mezzi tecnici disponibili – esperienza, preparazione etc. – per il raggiungimento dello scopo desiderato, senza peraltro garantirne la realizzazione, oppure
  • un’obbligazione di risultato: ovverosia se il chirurgo fosse tenuto a garantire il raggiungimento dello scopo desiderato dal cliente.

Secondo il Tribunale di Bari, che richiama sul punto una sentenza del Tribunale di Milano di qualche mese prima (n. 8243 del 24 luglio 2017),

a prescindere dalla qualificazione dell’obbligazione in esame come di mezzi o di risultato, è indubbio che chi si rivolge ad un chirurgo plastico lo fa per finalità spesso esclusivamente estetiche e, dunque, per rimuovere un difetto, e per raggiungere un determinato risultato, e non per curare una malattia. Ne consegue che il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell’aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del nucleo causale del contratto, e ne determina la natura”.

 

L’informativa al paziente va calibrata alla natura dell’intervento

L’obbligo assunto dal chirurgo estetico nei confronti del paziente si riflette anche sul contenuto del consenso informato, ponendosi in una sorta di ponte continuo con il dovere di informazione nei suoi confronti.

E’ infatti dovere del chirurgo – prima di procedere ad un intervento ed al fine di ottenere un valido consenso dal paziente – di informarlo dell’effettiva portata dell’intervento, degli effetti conseguibili, delle inevitabili difficoltà, delle eventuali complicazioni, dei prevedibili rischi coinvolgenti probabilità di esito negativo: in sostanza, di informarlo in modo chiaro e completo – specie nel caso della chirurgia estetica – della concreta possibilità di ottenere i risultati sperati e dei relativi rischi.

 

Come cambia l’onere della prova dell’informazione fornita al paziente?

Grava ovviamente sul medico (e sulla struttura sanitaria) l’onere di provare di aver correttamente ed esaustivamente informato il paziente, che non necessariamente deve ritenersi soddisfatta mediante la produzione in giudizio del solo modulo di consenso firmato (vedi, al riguardo, anche il mio precedente post).

Secondo il Tribunale,

“quando ad un intervento di chirurgia estetica consegua un inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare, all’accertamento che di tale possibile esito il paziente non era stato compiutamente e scrupolosamente informato consegue ordinariamente la responsabilità del medico per il danno derivatone, quand’anche l’intervento sia stato correttamente eseguito.”

Inoltre, la particolarità del risultato perseguito dal paziente, che esula dalla tutela della salute dello stesso, consente di presumere che il consenso non sarebbe stato prestato se l’informazione di un possibile esito negativo fosse stata offerta e rendono pertanto superfluo l’accertamento di quale sarebbe stata la scelta del paziente – se sottoporsi comunque all’intervento o meno – se solo fosse stato informato dei possibili rischi cui si esponeva. Sul punto, vedi anche il mio precedente post sulle conseguenze della violazione del consenso informato in caso di interventi volti alla tutela della salute.

In tal senso, dunque, v’è la prova non solo del verificarsi di un danno risarcibile, ma anche della sua dipendenza causale dalla condotta medica (difetto di adeguata informazione del paziente).

 

Per concludere

Nel caso di specie, sulla base della consulenza tecnica svolta in corso di giudizio il Giudice ha ritenuto che

° l’intervento fosse stato caratterizzato da un erroneo planning e da un errore di procedura chirurgica

° che lo stesso avesse determinato un peggioramento del quadro clinico ed estetico (e quindi il mancato raggiungimento del risultato) del paziente

° che, nonostante la sottoscrizione del modulo di consenso informato, il paziente avesse ricevuto un’informazione inadeguata, ovverosia insufficiente in punto di spiegazione delle possibili conseguenze dell’intervento le quali, proprio perché presentavano una probabilità concreta di impatto estetico negativo, avrebbero dovuto essere compiutamente fornite al paziente.

 

In sintesi

Alla luce dei principi sopra visti, il Tribunale ha liquidato al paziente sia di un importo a titolo di risarcimento del danno biologico, sia di un importo equitativo a titolo di risarcimento per la mancanza di adeguata informazione.

Sottolineo ancora l’importanza non solo di dare al paziente tutte le informazioni del caso al fine di ottenerne il consenso prima di procedere a qualsiasi intervento o trattamento terapeutico – non solo per prestazioni di natura estetica – ma anche di lasciare una traccia documentale completa delle informazioni date, in modo tale da non correre rischi in caso di eventuale contenzioso.

 

Ci aggiorniamo la prossima settimana con un altro, interessante argomento!

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A presto!

 

LEGGI LA SENTENZA

Tribunale di Bari, sent. n. 753 del 19.2.2018