Spunti medico-legali (ed alcuni suggerimenti operativi utili) per l’odontoiatra (parte I)

Il drammatico caso del paziente deceduto a seguito di un trattamento odontoiatrico eseguito in una clinica bresciana offre lo spunto per ricapitolare, senza pretesa di completezza, alcuni spunti medico-legali e, come dice il titolo del post, per fornire alcuni suggerimenti operativi utili per l’odontoiatra e per i professionisti sanitari in generale.

La diligenza a volte non basta

Sappiamo che i professionisti sanitari studiano, si formano costantemente e si confrontano sul campo con i colleghi, scegliendo i macchinari e dispositivi migliori per raggiungere i risultati auspicati per i propri pazienti.

Ma a volte anche una condotta professionale ligia e diligente non basta ad evitare l’occorrenza di un evento avverso che causa un danno, magari grave, al paziente.

Su cosa conviene allora soffermarsi per evitare le “trappole” in agguato e navigare più serenamente nella professione? Facciamo una breve checklist.

La sicurezza prima di tutto

Partiamo dalle basi, che talvolta non sono però così scontate: i trattamenti sanitari devono innanzitutto essere eseguiti in strutture mediche idoneamente attrezzate ed autorizzate secondo le norme vigenti, ad opera di personale sanitario adeguatamente preparato.

La struttura sanitaria dovrà soddisfare tutti gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi richiesti per le attività effettivamente proposte ed eseguite: un ambulatorio di chirurgia odontoiatrica, per esempio, dovrà presentare requisiti diversi ed ulteriori rispetto ad un semplice studio odontoiatrico.

Attenzione, perché ogni qualvolta la struttura in generale o anche solo determinate attrezzature od impianti tecnologici specifici presentino delle carenze o anche solo dei malfunzionamenti occasionali, che li rendano permanentemente o temporaneamente inidonei alla diagnostica, all’esecuzione del trattamento richiesto e/o alla gestione di eventuali complicanze,

il medico deve informare il paziente della possibilità di rivolgersi ad una struttura meglio organizzata.

La Cassazione ha ribadito più volte questo concetto, affermando per esempio che il professionista sanitario

“ha l’obbligo d’informare il paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell’esercizio del diritto del paziente di scegliere se rivolgersi a tale centro o accontentarsi di una diagnosi (o di un trattamento, N.d.R.) che possa risultare parziale o imperfetta”.

In mancanza, il professionista sanitario e la struttura stessa potranno essere chiamati a rispondere degli eventuali danni riportati dal paziente a causa delle proprie carenze organizzative.

Il primo suggerimento è dunque quello di fare un check accurato (ed impietoso) della situazione qualitativa, strutturale, tecnologica e quantitativa della struttura sanitaria, dei macchinari e degli impianti tecnologici, nonché delle competenze del personale operante nella struttura, per verificare se effettivamente rispondano alle necessità imposte dai servizi offerti ai pazienti, e di adottare le misure appropriate in caso di carenze manifeste.

Indispensabile un’anamnesi approfondita

È poi di fondamentale importanza che il paziente, prima di essere sottoposto a qualsiasi trattamento odontoiatrico, sia sottoposto ad un’accurata anamnesi.

L’anamnesi, o  storia clinica, è la raccolta dalla voce diretta del paziente e/o dei suoi familiari (per esempio, i genitori nel caso di un minore), di tutte le informazioni, notizie ed anche le sensazioni che possono aiutare il professionista sanitario ad indirizzarsi verso una corretta diagnosi o dato trattamento sanitario, per identificare problemi di salute reali o potenziali.

Un’accurata anamnesi ed esame clinico sono passaggi indispensabili per la valutazione da parte del professionista dell’esistenza di eventuali controindicazioni assolute o relative al trattamento, e devono necessariamente adattarsi in base alle necessità cliniche del paziente: è evidente che la sottoposizione del paziente ad un intervento chirurgico complesso, oppure a sedazione od anestesia, presenta necessità di approfondimenti diversi rispetto all’esecuzione di una semplice otturazione.

Anche un trattamento normalmente innocuo, come la sedazione con protossido d’azoto, rischia di divenire letale in determinati casi (per esempio, per pazienti che abbiano fatto immersioni in acque profonde nelle settimane precedenti al trattamento, per il rischio di “malattia da decompressione”).

Frequentemente questo passaggio viene minimizzato dal professionista, che lascia al paziente la “libertà” di offrire le informazioni rilevanti, limitandosi a porre domande frequentemente generiche (per esempio “è cambiato qualcosa dall’ultima volta che ci siamo visti?” oppure “ha qualcosa di rilievo da segnalare?”). D’altra parte, spesso il paziente tende, scientemente o meno, ad omettere, dimenticare o minimizzare alcuni dettagli importanti sulle sue condizioni di salute generale, su patologie in atto o pregresse, su interventi chirurgici effettuati, sui farmaci assunti, su eventuali allergie.

Ma attenzione:

«Una volta iniziato il rapporto curativo, la ricerca della situazione effettivamente esistente in capo al paziente – per quanto concerne alle evidenze del suo stato psico-fisico – è interamente affidata al sanitario, che deve condurla in piena autonomia anche rispetto alle dichiarazioni rese dal paziente stesso in sede di anamnesi, esponendosi a responsabilità in caso contrario»

(Cass. Civ., n. 20904 del 13.9.2013).

Per tutelare sé ed il paziente, è importante che l’odontoiatra ponga al paziente domande specifiche, perché

“il paziente … eccetto omissioni a fronte di specifiche richieste del medico in sede di anamnesi, non può ritenersi avere responsabilità per le carenze di quella, non rientrando tra i propri obblighi né avere specifiche cognizioni di scienza medica (…), né sopperire ad accertate mancanze investigative del professionista, tanto più quando allo stesso ci si rivolga proprio per la specifica ragione in parola…”

(Cass. Civ., n. 26426 del 20.11.2020).

Tralasciare questo passaggio significa esporsi al rischio di responsabilità in caso di eventi avversi.

Dell’anamnesi raccolta dovrà essere lasciata accurata traccia scritta nella scheda clinica del paziente visto che, in caso di incidenti e/o contenzioso, dovrà essere il medico a provare di aver posto tutte le domande appropriate alle esigenze del caso concreto.

Il secondo suggerimento è dunque di redigere schede anamnestiche specifiche, specie per i trattamenti ed interventi più delicati o complessi, che il paziente dovrà compilare e sottoscrivere prima di esservi sottoposto. In alternativa (o in aggiunta al precedente) si suggerisce di prestare una particolare cura nella segnalazione delle controindicazioni ai trattamenti, mediante la consegna al paziente di note informative specifiche prima della sua sottoposizione al trattamento o intervento.

Attenzione anche a come vengono redatti questi documenti: il confronto tra il clinico ed un legale esperto del settore resta sempre auspicabile per evitare le “trappole” nascoste di una materia estremamente specialistica. Documenti generici, magari scaricati da Internet, lasciano il tempo che trovano.

(Continua)

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A presto!