Il sanitario che formuli una diagnosi sulla base di esami strumentali che non hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione dell’oggetto dell’esame nella sua interezza, ha l’obbligo d’informare il paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell’esercizio del diritto del paziente di scegliere se rivolgersi a tale centro o accontentarsi di una diagnosi che possa risultare parziale o imperfetta.
Trovate qui di seguito il mio ultimo articolo per la sezione “Aspetti Legali in Dermatologia” del sito Internet dell’ISPLAD – International-Italian Society of Plastic – Regenerative and Oncologic Dermatology, di interesse generale per professionisti sanitari.
Buona lettura!
Oggi vi segnalo una recente sentenza della Corte di Cassazione (la n. 30727 del 26 novembre 2019) concernente il tema dei possibili limiti degli esami diagnostici e dell’obbligo del medico di informare il paziente al riguardo. Il caso concreto concerne un’omessa diagnosi di malformazioni fetali nel corso di un esame ecografico, ma può ben adattarsi anche alla realtà dermatologica in caso di possibili limiti dell’accertamento diagnostico.
Il caso
Una signora in gravidanza si sottopone ad esame ecografico di secondo livello del feto, dal quale non emergono anomalie di rilievo: l’ecografista referta la normale conformazione del viso, delle orbite e del profilo fetale.
Alla nascita, il bimbo presenta invece rilevanti malformazioni, che includono una marcata anomalia vertebrale, asimmetria facciale e la completa assenza del padiglione auricolare destro, accentuata da appendici preauricolari.
I genitori agiscono dunque in giudizio contro l’ecografista e la clinica presso il quale lo stesso aveva operato, lamentando la sofferenza di un grave trauma psichico e di ripercussioni a livello psicologico sull’altro figlio della coppia a causa dell’erronea diagnosi e chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti.
Il Tribunale rigetta le domande, ritenendo la correttezza dell’operato dell’ecografista, con decisione poi confermata dalla Corte d’Appello. I genitori impugnano tale decisione avanti alla Corte di Cassazione, chiedendo la revisione delle sentenze dei gradi precedenti del giudizio.
I motivi dell’impugnazione
Uno dei motivi di impugnazione della sentenza di secondo grado concerne la mancata considerazione, da parte del giudice d’appello, della violazione da parte dell’ecografista dei parametri di diligenza specificamente richiesti per la sua attività, facendo riferimento anche alle linee guida applicabili al momento dell’esecuzione dell’ecografia in questione, che prescrivevano la visualizzazione da parte dell’ecografista di entrambe le orbite, la scansione longitudinale della colonna vertebrale e l’esame dell’estremo cefalico del feto, verifiche non compiute dal medico in questione o compiute in modo scorretto.
Secondo la Cassazione,
“in tema di responsabilità del medico chirurgo, la diligenza nell’adempimento della prestazione professionale deve essere valutata assumendo a parametro non la condotta del buon padre di famiglia, ma quella del debitore qualificato, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2, con la conseguenza che, in presenza di paziente con sintomi aspecifici, il sanitario è tenuto a prenderne in considerazione tutti i possibili significati ed a segnalare le alternative ipotesi diagnostiche”.
In particolare,
“il sanitario che formuli una diagnosi di normalità morfologica del feto anche sulla base di esami strumentali che non ne hanno consentito, senza sua colpa, la visualizzazione nella sua interezza, ha l’obbligo d’informare la paziente della possibilità di ricorrere ad un centro di più elevato livello di specializzazione, in vista dell’esercizio del diritto della gestante di interrompere la gravidanza, ricorrendone i presupposti.”
Con la decisione del caso in commento, la Cassazione conferma dunque la sua posizione consolidata in materia. Per ulteriori approfondimenti sul tema, vedi anche il mio precedente post “Esiste un obbligo di inoltrare il paziente in una struttura meglio organizzata?”.
L’informazione al paziente sulle limitazioni delle dotazioni della struttura è essenziale anche al fine del consenso informato
La necessità di informare il paziente degli eventuali limiti organizzativi o concernenti le dotazioni tecnologiche della struttura ospedaliera rappresenta, d’altra parte, uno dei momenti in cui la dimensione organizzativa della struttura ha un diretto impatto sul contenuto dell’informazione da fornire al paziente al fine del suo consenso alle cure, posto che il paziente ha sempre il diritto di scegliere – salvo, beninteso, casi d’urgenza – se sottoporsi al trattamento o alla diagnosi nella struttura di riferimento, o se rivolgersi ad una meglio organizzata ad assisterlo.
“Il consenso informato … in vista di un intervento chirurgico o di altra terapia specialistica o accertamento diagnostico invasivi, non riguardano soltanto i rischi oggettivi e tecnici in relazione alla situazione soggettiva e allo stato dell’arte della disciplina, ma riguardano anche la concreta, magari momentaneamente carente situazione ospedaliera, in rapporto alle dotazioni e alle attrezzature, e al loro regolare funzionamento, in modo che il paziente possa non soltanto decidere se sottoporsi o meno all’intervento, ma anche se farlo in quella struttura ovvero chiedere di trasferirsi in un’altra”.
(così la Cassazione Civile, sentenza n. 14638 del 30.6.2004, allegata al mio precedente post “Consenso informato (parte terza): veicolare correttamente l’informazione al paziente”.
L’esito della valutazione della Cassazione nel caso concreto
Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha errato nel giudicare il caso concreto, perché non si è fatta carico di approfondire adeguatamente gli aspetti pratici relativi alla posizione anomala del feto durante l’esecuzione dell’esame, che era stata prospettata dagli appellanti come fattore limitante la possibilità di corretta visione e di indagine dell’ecografista.
Questi aspetti sono stati sbrigativamente liquidati come irrilevanti dalla Corte d’Appello, senza considerare la diligenza o meno della condotta dell’ecografista, né chiarire perché l’ecografista stesso – pur mancando di un’adeguata visione del feto – aveva poi refertato la normoconformazione delle orbite e la normalità del profilo fetale, delle labbra e delle narici, poi risultate in realtà mancanti.
Per concludere
La sentenza impugnata è stata dunque annullata nel passaggio in questione e rinviata dalla Cassazione alla stessa Corte d’Appello di provenienza, in diversa composizione, per un nuovo giudizio che dovrà accertare gli aspetti sopra evidenziati.
Ci aggiorniamo la prossima settimana con un nuovo, interessante argomento!
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