Trovate qui di seguito il nuovo articolo da me pubblicato per la sezione “Aspetti Legali in Dermatologia” del sito ISPLAD, di interesse generale per i professionisti sanitari.
Buona lettura!
Dopo il mio primo post introduttivo sul tema del contenzioso medico-sanitario in Italia, continuiamo questa settimana il nostro viaggio entrando nel vivo della materia. Iniziamo con alcune nozioni tecniche, che ci aiutano a capire i motivi che orientano determinate scelte ed a trarne degli utili suggerimenti operativi.
Contro chi viene rivolto il contenzioso per responsabilità medico-sanitaria?
Attualmente, il contenzioso attivato dal paziente si rivolgerà prevalentemente:
1) nei confronti della struttura sanitaria, che risponderà – a titolo contrattuale – verso il paziente
° per fatto proprio (ex art. 1218 c.c.), e ciò per inadempimento del cd. “contratto di spedalità”, a fronte della pura e semplice accettazione del paziente in struttura, nonché
° per il fatto dei propri ausiliari (ex art. 1228 c.c.), che include l’attività dei medici e dei sanitari comunque operanti nella struttura.
Attenzione perché, sulla base della giurisprudenza maggioritaria, per l’assunzione da parte della struttura delle responsabilità scaturenti dall’attività del medico operante nella stessa, è irrilevante il fatto che
- il medico sia o meno dipendente della struttura e/o sia stato scelto dal paziente
- solo il medico abbia avuto un rapporto diretto col paziente
- sia il medico a scegliere la struttura dove verrà eseguita la visita o svolto l’intervento e la indichi al paziente, che l’accetta
- la struttura non abbia percepito alcun compenso dal paziente, “ben potendo essere il contratto con paziente a titolo gratuito” (così Tribunale di Milano, n. 1007/2020)
- non sia stato concretamente necessario ricorrere a personale paramedico, medicinali o ad attrezzature tecniche ulteriori rispetto al locale dove il trattamento è stato materialmente eseguito.
Il mero fatto dell’accettazione del paziente nella struttura (al fine di un ricovero, di una visita ambulatoriale o dell’esecuzione di un trattamento) fa sorgere dunque la responsabilità della stessa per eventuali danni causati al paziente dal medico (anche esterno).
2) In caso di medico strutturato, il paziente potrebbe agire anche direttamente nei confronti del medico stesso, sulla base di una sua responsabilità personale di natura extracontrattuale (ex art. 2043 c.c.).
Tuttavia, come abbiamo visto, il paziente normalmente, chiamerà in causa, in primo luogo, la struttura sanitaria. Questo avviene per diversi ordini di motivi:
- per evitare il rischio derivante da un’eventuale erronea identificazione del flusso delle responsabilità (specie in caso di interventi complessi), che potrebbe portare al rigetto delle domande svolte dal paziente nei confronti del medico sbagliato
- perché di norma la struttura è il soggetto che dà maggiori garanzie di solvibilità
- perché la qualificazione della responsabilità della struttura sanitaria in termini di responsabilità contrattuale determina, da un lato, la decorrenza del termine di prescrizione decennale (anziché di cinque anni, applicabile alla responsabilità extracontrattuale) e, dall’altra parte, pone a carico del danneggiato l’onere della prova tipico delle obbligazioni contrattuali (sul quale torneremo subito di seguito).
3) In caso, tuttavia, di rapporto contrattuale intercorso direttamente tra medico e paziente, quest’ultimo potrà agire direttamente nei confronti del medico stesso per fare valere una responsabilità di tipo contrattuale. È il caso tipico del rapporto tra paziente e dermatologo, medico estetico od odontoiatra.
Come varia l’onere della prova a carico delle parti
Qualora sia dedotta una responsabilità di natura contrattuale, il paziente danneggiato dovrà fornire la prova:
- del contratto con la struttura o con il medico
- dell’aggravamento della sua situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie), nonché
- del nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione e l’azione o l’omissione dei sanitari, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale del “più probabile che non“, potendo limitarsi ad allegare (non necessariamente provare) l’inadempimento, ancorché qualificato, ossia astrattamente idoneo alla produzione del danno.
Per andare esente da responsabilità, l’obbligato (medico o struttura che sia) dovrà per parte sua fornire la prova che la prestazione professionale è stata eseguita in modo diligente e che gli esiti negativi per il paziente sono stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile, cioè inevitabile, non imputabile o non riconducibile alla condotta sanitaria, che ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione.
Tenetene mentalmente conto quando andate a registrare le attività svolte in cartella clinica.
Nella responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. (ovverosia quando il paziente agisca direttamente nei confronti del medico strutturato) il paziente ha il più gravoso onere di provare il fatto illecito, il danno, il nesso causale tra il fatto e il danno, nonché la colpa o il dolo del medico. In altre parole, in questo caso è il paziente a dover individuare e provare la condotta che il medico avrebbe dovuto correttamente tenere, in base alle linee guida o alle buone pratiche clinico-assistenziali, mentre nella responsabilità da contratto è il medico a dover provare l’assenza di sua colpa, avendo egli tenuto una condotta corrispondente alle linee guida (o alle buone pratiche) stabilite in relazione al caso concreto, oppure la necessità di discostarsene completamente a causa della specificità del caso concreto.
Un motivo in più per il paziente per scegliere di far valere i suoi diritti azionando, se possibile, una responsabilità di tipo contrattuale.
La responsabilità per prestazioni mediche con finalità estetiche è sempre di natura contrattuale e di risultato?
Negli ultimi anni, l’Italia si è posizionata stabilmente tra i primi 10 paesi al mondo per numero di interventi estetici effettuati. A fronte di questi numeri, anche la giurisprudenza si è trovata a prendere sempre più frequentemente posizione in merito al fenomeno dei trattamenti medici con finalità estetiche.
Una delle questioni maggiormente dibattute è se, in tal caso, il medico si obblighi ad una prestazione di mezzi (ovverosia a tenere una condotta professionalmente diligente e conforme alle leges artis) oppure di risultato (obbligandosi in tal modo a garantire un risultato al paziente).
Secondo il Tribunale di Bari (n. 753/2018), che richiama una sentenza del Tribunale di Milano di qualche mese prima (n. 8243 del 24 luglio 2017),
“a prescindere dalla qualificazione dell’obbligazione in esame come di mezzi o di risultato, è indubbio che chi si rivolge ad un chirurgo plastico lo fa per finalità spesso esclusivamente estetiche e, dunque, per rimuovere un difetto, e per raggiungere un determinato risultato, e non per curare una malattia. Ne consegue che il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell’aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del nucleo causale del contratto, e ne determina la natura”.
Il principio è destinato ad investire non solo le prestazioni rese dal chirurgo plastico, bensì anche quelle prestazioni eseguite da dermatologi, medici estetici, odontoiatri etc., quando caratterizzate da una finalità non curativa.
Si tratta di un chiarimento prezioso, perché ci indica che – al di là dell’ovvia diligenza professionale richiesta al medico, che chiaramente non è in discussione –
è il contenuto del contratto con il paziente che formalizza l’informazione sul trattamento ed al contempo i limiti di responsabilità del medico che si impegna ad una determinata opera.
Il mio primo consiglio operativo per contenere il rischio di litigiosità in tutte quelle attività mediche che perseguono scopi di natura estetica è dunque quello di ripensare al proprio modo di gestire il rapporto con il paziente e di comunicare con lo stesso.
Predisporre – laddove non ancora previsti – adeguati contratti scritti per la regolamentazione dei rapporti, e/o rivedere la struttura dei contratti in essere con i pazienti, può essere un primo strumento utile per calibrare l’obbligo assunto dal professionista nei confronti del paziente ed escludere l’assunzione di responsabilità che eccedano la diligente e perita esecuzione della prestazione.
Ci aggiorniamo presto con nuovi consigli pratici.
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