La mancanza di organizzazione non costituisce causa di non imputabilità

La negligente conservazione della documentazione clinica da parte del medico e della struttura – anche se dovuta a smarrimento solo temporaneo – non giustifica e non scusa la sua mancata tempestiva produzione in giudizio

 

Ci ricolleghiamo idealmente al post della scorsa settimana per un piccolo approfondimento sul concetto di “causa di non imputabilità” al medico ed alla struttura ospedaliera del tardivo deposito di documenti in giudizio, sulla base di una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (n. 15762 del 15.6.2018) in tema di consenso informato.

 

Il caso

Un paziente viene sottoposto ad intervento chirurgico postraumatico per cataratta all’occhio sinistro con rimozione e sostituzione del cristallino, a seguito del quale riporta complicanze infettive ed una grave compromissione del visus.

Il paziente agisce dunque in giudizio contro l’oculista e la struttura chiedendo il risarcimento dei danni derivati sia da colpa medica, sia per violazione del suo diritto di autodeterminazione per non aver preventivamente prestato il suo consenso informato all’intervento (sul tema, vedi anche il mio precedente post “consenso informato (parte quarta): le conseguenze della violazione”).

Il Tribunale accoglie le domande del paziente, ma la Corte d’Appello riforma integralmente la sentenza di primo grado, ammettendo la produzione tardiva in giudizio da parte del medico e della struttura del modulo di consenso informato firmato dal paziente, che non era stato depositato nel corso del giudizio di primo grado in quanto smarrito e solo successivamente rinvenuto.

 

Quando è concessa la produzione tardiva dei documenti in giudizio?

Nel caso in commento, la Corte d’Appello ha accolto le difese presentate da medico e struttura in punto di consenso informato ritenendo che la scusante dedotta dagli stessi – cioè il temporaneo smarrimento del documento incorporante il consenso informato, inserito per errore in altra cartella clinica – fosse idonea a giustificare il mancato deposito del relativo modulo nel corso del primo grado del giudizio.

In realtà, dal settembre 2012 è stata eliminata la possibilità di produrre tardivamente – durante l’appello – i documenti anche se indispensabili alla decisione, essendo ora consentito dare ingresso in grado d’appello esclusivamente a prove che la parte dimostri di non aver potuto tempestivamente produrre o proporre nel giudizio di primo grado per “causa a sé non imputabile” (vedi l’art. 345 c.p.c.).

 

Il concetto di causa non imputabile nei giudizi di responsabilità medica

Alla luce di quanto precede, la Corte di Cassazione chiarisce dunque che nei giudizi di responsabilità medica il concetto di “causa a sé non imputabile” debba necessariamente essere ricondotto a circostanze estranee alla sfera di controllo dell’interessato; in particolare, tale concetto

non può essere dilatato sino a comprendere fatti dipendenti dalla negligenza organizzativa della parte, soprattutto nei casi, come quelli che interessano una struttura sanitaria ed il medico in essa operante, in cui la “buona organizzazione” dovrebbe essere uno dei tratti caratterizzanti della professionalità”.

 

La disorganizzazione non giustifica

Sulla base di quanto precede, la Corte di Cassazione ha concluso che l’aver rinvenuto il modulo del consenso informato nella cartella clinica sbagliata costituisce conferma di una condotta negligente nella conservazione della documentazione clinica, che deve necessariamente essere imputata alla struttura sanitaria ed al medico interessato.

Di conseguenza, ha cassato la sentenza e rinviato ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze una nuova decisione sulla parte della pronuncia concernente il consenso informato.

 

Per concludere

La sentenza in commento è uno spunto di riflessione sia sull’importanza di una ineccepibile tenuta della documentazione clinica e dell’adozione di ogni necessaria procedura ed accortezza al riguardo, sia sulle tecniche difensive da adottare in caso di possibili contenziosi.

 

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LEGGI I PROVVEDIMENTI

Cassazione Civile, Sez. III, n. 15762 del 15.6.2018

Art. 345 c.p.c.