Danni da emotrasfusione: quale l’onere della prova a carico delle parti?

In tema di danno da infezione trasfusionale, per andare esente da responsabilità, la struttura sanitaria ha l’onere di dimostrare che, al momento della trasfusione, il paziente era già affetto dall’infezione di cui domanda il risarcimento, nonché di avere rispettato, in concreto, le norme giuridiche, le leges artis e i protocolli che presiedono alle attività di acquisizione e perfusione del plasma.

Oggi condivido con voi un’interessante ordinanza della Cassazione Civile (n. 26091 del 7.9.2023) in tema di danni a seguito di emotrasfusione e relativo onere della prova in giudizio.

Il caso

Una signora si sottopone ad intervento chirurgico presso una struttura sanitaria, in occasione del quale la stessa viene sottoposta ad emotrasfusione; passato un anno, viene accertato che la paziente ha contratto un’epatopatia HCV; la paziente agisce dunque nei confronti dell’azienda ospedaliera e del Ministero della Salute, asserendo di aver contratto la malattia a seguito della citata emotrasfusione, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale accoglie le domande della paziente e condanna la struttura ad un importante risarcimento (Euro 286.355,40); la Corte d’Appello sovverte però la decisione, sulla base delle seguenti circostanze:

  • l’azienda ospedaliera aveva allegato che, dal prelievo alla trasfusione, il trattamento del sangue veniva effettuato secondo un processo “a circuito chiuso”, espressamente previsto dalla normativa (art. 11 D.M. n. 27 dicembre 1990), “tale da rendere impossibile, salvo ipotesi dolose… la contaminazione del sangue con il virus epatico
  • dalla documentazione sanitaria non era risultato che la paziente fosse immune da epatopatia C al momento del ricovero e, dunque, mancava la prova che la causa dell’infezione non era preesistente all’emotrasfusione.

Vediamo qual è la posizione della Cassazione sul caso.

L’onere della prova in tema di responsabilità medica

La Cassazione ricorda innanzitutto i principi generali in tema di onere della prova in caso di contenziosi per responsabilità sanitaria, in base ai quali:

  • il paziente è tenuto a provare, anche attraverso presunzioni, l’esistenza del rapporto contrattuale ed il nesso di causalità materiale tra condotta sanitaria ed evento dannoso, consistente nella lesione della salute (ovvero nell’aggravamento della situazione patologica o nell’insorgenza di una nuova malattia), secondo il criterio del “più probabile che non”
  • una volta che il paziente ha soddisfatto l’onere a suo carico, spetta al professionista/struttura sanitaria dimostrare di aver agito diligentemente, ovvero che l’evento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile, che ha causato l’impossibilità della prestazione.

L’istruttoria e la decisione della Corte d’Appello

Vediamo se le regole sopra sintetizzate sono state applicate nel caso in commento.

Nel corso dell’istruttoria, la paziente ha dedotto:

– di non possedere fattori di rischio specifici che potessero aver scatenato l’epatite;

– che la patologia era emersa ed era stata accertata ad un anno di distanza dalla trasfusione;

– che era del tutto ignota un’eventuale causa alternativa.

Dal canto suo, la ASP ha solo allegato di aver utilizzato il procedimento di conservazione del sangue c.d. a “circuito chiuso”, senza produrre alcuna documentazione sanitaria o altra prova a sostegno delle proprie affermazioni (nonostante già il Giudice di primo grado avesse ordinato all’Ente di produrre in giudizio la relativa documentazione);

– anche qualora potesse essere presunto l’avvenuto utilizzo di tale procedura, “l’impossibilità del contagio” della paziente sarebbe stata correlata a condizioni astratte di normalità di gestione della procedura stessa, rimaste sfornite di prova nel caso concreto;

– la struttura non ha nemmeno fornito la prova dell’avvenuto rispetto di tutte le procedure pretrasfusionali e trasfusionali previste dalla legge (cioè di quelle condizioni che determinano l’impossibilità di contaminazione), sia in astratto (attraverso la produzione dei protocolli adottati dalla struttura), sia in concreto (con riferimento allo specifico intervento sanitario).

Sul punto e per altre applicazioni a casi concreti, sul tema generale delle infezioni correlate all’assistenza, vedi la pronuncia della stessa Cassazione n. 6386 del 3 marzo 2023, commentata qui, nonché il mio ultimo post in materia.

Sulla base di quanto precede, le conclusioni (perplesse) della Corte d’Appello sono state nel senso che “non era possibile affermare la pregressa esistenza dell’infezione, ma neppure era possibile escluderla (…)”, e che dunque le domande della paziente andavano rigettate.

L’applicazione dei principi generali al caso concreto fatta dalla Cassazione

Secondo la Suprema Corte, la decisione del grado di appello ha violato i principi in tema di onere della prova e in particolare il criterio del “più probabile che non”:

  • da un lato, ritenendo che dovesse essere la paziente danneggiata a dover dimostrare l’assenza di una malattia epatica al momento del ricovero, e
  • dall’altro lato, pur stigmatizzando le gravi mancanze della ASP sia nella tenuta che nella conservazione della documentazione sanitaria, disinteressandosi di accertare se la condotta della stessa struttura sanitaria nelle procedure di acquisizione e perfusione del plasma fosse stata o meno, nel caso concreto, conforme alla normativa di settore.

 

Per concludere

La sentenza d’appello è stata dunque cassata dalla Suprema Corte con rinvio alla Corte d’appello d’origine, la quale dovrà riesaminarla applicando i seguenti principi di diritto:

“In tema di danno da infezione trasfusionale, è onere della struttura sanitaria dimostrare che, al momento della trasfusione, il paziente fosse già affetto dall’infezione di cui domanda il risarcimento;

“In tema di danno da infezione trasfusionale, è onere della struttura sanitaria allegare e dimostrare di avere rispettato, in concreto, le norme giuridiche, le leges artis e i protocolli che presiedono alle attività di acquisizione e perfusione del plasma”.

Ci aggiorniamo presto con un nuovo, interessante argomento!

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A presto!

LEGGI L’ORDINANZA

Cassazione Civile, Sez, III, n. 26091 del 7.9.2023