Contrordine: il Consiglio di Stato conferma le Linee Guida AIFA per la gestione domiciliare dei pazienti Covid-19

La prescrizione del farmaco anche nell’attuale emergenza epidemiologica, e tanto più nell’ovvia assenza di prassi consolidate da anni per la solo recente insorgenza della malattia, deve fondarsi su un serio approccio scientifico e non può affidarsi ad improvvisazioni del momento, ad intuizioni casuali o, peggio, ad una aneddotica insuscettibile di verifica e controllo da parte della comunità scientifica e, dunque, a valutazioni foriere di rischi mai valutati prima rispetto all’esistenza di un solo ipotizzato, o auspicato, beneficio.

In data 9 febbraio 2022 il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 946 qui allegata, si è pronunciato sull’impugnazione della sentenza del TAR Lazio concernente la circolare del Ministero della Salute del 26 aprile 2021 dedicata alla gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 (cd. circolare sulla “vigile attesa”), di cui ho già parlato in un mio precedente post e che potete leggere qui, tornando sul delicato tema delle linee guida in sanità. Vediamo qual è l’esito dell’impugnazione.

Il tema in discussione

Ricorderete che durante il primo grado del giudizio i ricorrenti – medici di medicina generale e specialisti – hanno convenuto in giudizio il Ministero della Salute avanti al TAR per contestare le linee guida promulgate da AIFA e poi mutuate con la circolare del Ministero della Salute titolata “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2”, aggiornata al 26 aprile 2021.

In particolare, a sostegno delle proprie tesi, i ricorrenti avevano esposto:

  • di essere medici di medicina generale e specialisti che, durante la pandemia da COVID-19, si erano occupati dei pazienti affetti dal virus sull’intero territorio nazionale
  • che le Linee guida di AIFA, come recepite dal Ministero, andavano annullate perché, anziché dare indicazioni valide sulle terapie da adottare per il trattamento dei pazienti affetti da COVID-19 in ambito domiciliare, si limitavano a fare un lungo elenco delle terapie da non adottare (divieto che non corrispondeva all’esperienza diretta maturata dai ricorrenti stessi), disponendo quali unici criteri confermati e definiti per il trattamento dei pazienti una “vigile attesa (intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente)e la somministrazione di soli fans e paracetamolo.

A definizione del suddetto procedimento il TAR Lazio ha concluso che «le censurate linee guida, come peraltro ammesso dalla stessa resistente, costituiscono mere esimenti in caso di eventi sfavorevoli» e che “la prescrizione dell’AIFA, come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta… con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professione, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVID-19 come avviene per ogni attività terapeutica.”

Contro tale sentenza il Ministero della Salute ha proposto appello avanti al Consiglio di Stato.

La posizione del Consiglio di Stato sulle Linee Guida 

Il Consiglio di Stato parte dalla considerazione che la circolare ministeriale del 26 aprile 2021 si limita, di fatto, a raccogliere le indicazioni degli organismi internazionali, i pronunciamenti delle autorità regolatorie e gli orientamenti di buona pratica clinica asseverati dagli studi nazionali ed internazionali, al fine di fornire a tutti gli operatori interessati un quadro sinottico, aggiornato ed autorevole, di riferimento in questa delicata materia.

Le raccomandazioni così fornite sono, dunque, in primo luogo espressione della funzione regolatoria dell’AIFA; il loro contenuto è stato poi arricchito con ulteriori indicazioni terapeutiche fornite dal Gruppo di Lavoro a tal fine costituito ed il testo conclusivo, acquisito il parere del Consiglio Superiore di Sanità, è stato infine pubblicizzato e diramato con la circolare qui contestata.

Secondo il Consiglio di Stato la sentenza impugnata ha travisato, sotto un profilo giuridico, la reale portata della circolare ministeriale e delle richiamate raccomandazioni dell’AIFA.

“Le Linee guida contengono mere raccomandazioni e non prescrizioni cogenti e si collocano, sul piano giuridico, a livello di semplici indicazioni orientative, per i medici di medicina generale, in quanto parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello internazionale.

… Ben è libero il singolo medico, nell’esercizio della propria autonomia professionale, ma anche nella consapevolezza della propria responsabilità, di prescrivere i farmaci che ritenga più appropriati alla specificità del caso, in rapporto al singolo paziente, sulla base delle evidenze scientifiche acquisite.”

La codificazione del sapere scientifico in regole tecniche scritte risponde infatti, a livello internazionale e nazionale, all’esigenza di individuare una strategia terapeutica che consenta al medico di fare proprie le acquisizioni scientifiche e le esperienze cliniche diffuse e condivise, che hanno dimostrato un profilo di efficacia e sicurezza largamente acclarato a livello scientifico nella cura di una patologia, ma non esimono il medico stesso, nell’esercizio della propria competenza professionale, dal dovere di costruire una terapia condivisa e ritagliata sulle esigenze del singolo paziente, anche adottando terapie non indicate nelle linee guida o nei protocolli, purché sicure ed efficaci.

“… Come il paziente, il singolo paziente, non è un astratto, anonimo e quasi indifferente oggetto di cura, ma è invece soggetto primario e fine della stessa cura, così il medico, il singolo medico, non è, e non può essere, passivo recettore di acquisizioni scientifiche, meccanico esecutore di protocolli o mero prescrittore di farmaci, adatti a tutti e a nessuno”.

Qual è il confine dell’autonomia del medico rispetto alle linee guida?

Chiarito quanto precede va fatto un passo ulteriore, e cioè va valutato a quali condizioni i medici possono discostarsi dalle linee guida e prescrivere farmaci ulteriori e diversi da quelli raccomandati.

Secondo il Consiglio di Stato, non vi è dubbio che il singolo medico possa, nel prescrivere un farmaco, discostarsi dalle Linee Guida senza esporsi a conseguenze disciplinari o a responsabilità civili o penali, ma ciò a condizione che esistano solide o, quantomeno, rassicuranti prove scientifiche di sicurezza ed efficacia del farmaco prescritto, sulla base dei dati scientifici, pur ancora parziali o incompleti, ai quali possa ricondurre razionalmente il proprio convincimento prescrittivo rispetto alla singolarità del caso clinico.

La prescrizione del farmaco anche nell’attuale emergenza epidemiologica, e tanto più nell’ovvia assenza di prassi consolidate da anni per la solo recente insorgenza della malattia, deve fondarsi su un serio approccio scientifico e non può affidarsi ad improvvisazioni del momento, ad intuizioni casuali o, peggio, ad una aneddotica insuscettibile di verifica e controllo da parte della comunità scientifica e, dunque, a valutazioni foriere di rischi mai valutati prima rispetto all’esistenza di un solo ipotizzato, o auspicato, beneficio.”

Secondo il Consiglio di Stato, l’esperienza clinica dei singoli medici a livello territoriale è preziosa e fondamentale per la ricerca scientifica nella lotta contro il Sars-CoV-2; ma proprio per questo i risultati e i dati di questa esperienza non possono essere sottratti ad un rigoroso approccio scientifico che consenta, anche in condizioni di emergenza epidemiologica, di valutare comunque la sicurezza e l’efficacia del farmaco, non affidabile certo individualmente e solamente al buon senso o addirittura al caso.

Libertà della scienza non vuol dire anarchia del sapere applicato dal medico al paziente, e il fondamentale incontro tra l’autonomia professionale del medico e l’autodeterminazione terapeutica del paziente, nell’individuazione della cura adatta, non può schiudere la strada ad un pericoloso, e incontrollabile, relativismo terapeutico, ove è cura tutto ciò che il singolo medico o il singolo paziente o entrambi, di comune accordo e, dunque, sulla base di un consenso disinformato, credono sia tale, sulla base di supposizioni o credenze non verificabili alla stregua di criteri oggettivi e, dunque, non falsificabili da nessuno e, in ultima analisi, insindacabili.

L’individualità della cura in rapporto al singolo paziente non è e non è può essere mai, insomma, l’individualismo della cura.”

La prescrizione di farmaci non previsti o non raccomandati dalle Linee Guida non può dunque fondarsi

“su un’opinione personale del medico, priva di basi scientifiche e di evidenze cliniche, o su suggestioni e improvvisazioni del momento, alimentati da disinformazione o, addirittura, da un atteggiamento di sospetto nei confronti delle cure “ufficiali” in quelle che sono state definite le contemporanee societés de la défiance, le società della sfiducia nella scienza”.

La descrizione delle esperienze dei singoli medici, qualora non seguita dalla conduzione di studi clinici idonei, non può rappresentare il presupposto scientifico su cui basare scelte di tipo regolatorio e raccomandazioni per la pratica clinica poiché solo gli studi clinici randomizzati e controllati consentono di ottenere informazioni attendibili in merito all’efficacia e alla sicurezza dei farmaci.

Non è possibile, insomma, nemmeno nella fase emergenziale, venir meno al «principio di doverosa cautela nella validazione e somministrazione di nuovi farmaci» o nell’impiego di farmaci già autorizzati per altre indicazioni terapeutiche nella terapia contro il nuovo virus.

Le conclusioni nel caso concreto

Secondo il Consiglio di Stato, la sentenza impugnata è errata non solo nell’avere ritenuto ammissibile il ricorso, ma anche nell’averlo accolto senza verificare nel merito se, in ipotesi, la circolare del Ministero e le raccomandazioni dell’AIFA si discostassero notevolmente, e in modo manifestamente irragionevole, dalle acquisizioni della scienza medica e della ricerca scientifica in materia.

Senza dilungarci in questa sede sugli aspetti prettamente medici trattati dal provvedimento, in relazione ai quali si rimanda alle diffuse spiegazioni della sentenza n. 946 allegata, basti qui evidenziare che, secondo il Consiglio di Stato, risulta ben evidente come la circolare ministeriale e le raccomandazioni dell’AIFA nelle Linee guida non si siano discostate dalle acquisizioni più recenti e condivise della scienza e della pratica clinica a livello nazionale ed internazionale, secondo i canoni della c.d. medicina dell’evidenza ed anche considerato il contesto pandemico, caratterizzato dall’assoluta novità dell’epidemia da COVID-19 e dall’assenza di prassi consolidate cui attenersi.

Alla luce di quanto precede, l’appello proposto dal Ministero è stato accolto, con la conseguente riforma della sentenza impugnata, ed il ricorso proposto in primo grado dagli odierni appellati dichiarato inammissibile.

Ci aggiorniamo la prossima settimana con un nuovo, interessante argomento.

Nel frattempo, resta collegato e iscriviti alla newsletter per non perdere i prossimi aggiornamenti.

A presto!

LEGGI IL DOCUMENTO

Consiglio di Stato, sentenza n. 946 del 9 febbraio 2022