Consenso informato: è necessario anche in caso di interventi urgenti ed improcrastinabili

Il consenso informato non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere sempre espressamente fornito dal paziente, dopo avere ricevuto un’adeguata informazione, anch’essa esplicita sui rischi dell’intervento: nemmeno la necessità ed improcrastinabilità dell’intervento escludono la necessità di acquisire il consenso del paziente.

Oggi vi segnalo un’interessante ordinanza della Corte di Cassazione (n. 27109 del 6.10.2021) che torna sul tema del consenso informato del paziente e si concentra sulla necessità dello stesso, al di là della gravità delle condizioni del paziente e salvi i casi di stato di necessità.

Il caso

Una signora, ricoverata con urgenza presso un Ospedale perché colta da “angina pectoris instabile”, viene sottoposta ad intervento di angioplastica coronarica, a seguito del quale decede.

Gli eredi instaurano una causa nei confronti della struttura sanitaria per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa del decesso della paziente.

Il Tribunale accoglie parzialmente le doglianze degli eredi; nella loro impugnazione, gli eredi lamentano la mancanza di valorizzazione, da parte della Corte di primo grado, del fatto che la paziente non era stata informata di tutti i rischi e del possibile esito letale della procedura, nonché della possibilità di eseguire l’intervento presso altra struttura specializzata del settore e/o comunque munita di unità di cardiochirurgia e che, se fosse stata adeguatamente informata, la paziente avrebbe verosimilmente scelto di non sottoporsi alla stessa in quella struttura.

La Corte d’Appello rigetta però l’impugnazione: vediamo qual è l’esito della valutazione della Cassazione sul punto.

Concetti fondamentali in tema di consenso informato del paziente

La Suprema Corte esamina il motivo principale di doglianza proposto dagli eredi, concernente l’omesso consenso informato della paziente in relazione al trattamento sanitario somministratole, e ripercorre innanzitutto i principali punti acquisiti da giurisprudenza costante sul tema. In particolare, la Corte ricorda che

Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge…

In mancanza di consenso informato l’intervento del medico è (al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge è obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità) sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente…, l’obbligo del consenso informato costituendo legittimazione e fondamento del trattamento sanitario…”.

Il diritto all’informazione del paziente è un diritto complementare, separato e diverso da quello concernente il trattamento medico terapeutico oggetto dell’informazione stessa: da questa autonomia deriva che l’inadempimento del dovere del medico di informare adeguatamente il paziente in merito al trattamento sanitario – dovere che è speculare al diritto del paziente stesso di ottenere l’informazione e di adottare una decisione libera e ponderata al riguardo – può comportare, ricorrendone i necessari requisiti, l’insorgenza di un obbligo di risarcimento del danno a favore del paziente, anche indipendentemente dalla corretta esecuzione della prestazione sanitaria.

La violazione del diritto al consenso informato… può riverberare anche sulla violazione del diritto alla salute del paziente allorquando l’atto terapeutico necessario e pur correttamente eseguito secundum legem artis cui siano conseguiti effetti pregiudizievoli non sia stato invero preceduto dalla preventiva espressa indicazione al paziente dei relativi possibili effetti pregiudizievoli, il risarcimento del danno alla salute per la verificazione di tali conseguenze potendo essere riconosciuto ove risulti allegato e provato -anche in via presuntiva- dal paziente che, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi a detto intervento ovvero avrebbe vissuto il periodo successivo ad esso con migliore e più serena predisposizione ad accettarne le eventuali conseguenze e sofferenze, ovvero avrebbe deciso di farsi operare presso altra idonea struttura”.

La posizione della Corte d’Appello

Nel caso oggi in commento è stato accertato che la paziente – appena pochi giorni prima dell’ultimo ricovero – aveva subito altro ricovero presso diversa struttura per “cardiopatia ischemica in angiosclerotico iperteso-diabete mellito scompensato-insufficienza renale cronica”: l’intervento di angioplastica coronarica di cui si discute si innestava dunque su condizioni di salute già notevolmente compromesse.

Alla luce di questo dato, secondo la Corte d’Appello, nel caso concreto «non è la mancanza del consenso informato la causa della morte (che sarebbe avvenuta anche in caso di consenso)». In realtà, la «gravità della condizione di salute» della paziente e «la prospettiva realistica di un evento infausto in caso di non tempestiva sottoposizione al suddetto intervento» deponevano per l’alta probabilità che, se anche informata dei rischi dell’intervento, «la (paziente) vi avrebbe acconsentito»; al tempo stesso, secondo la Corte, la «necessità ed improcrastinabilità dell’intervento» avrebbe addirittura escluso la necessità di acquisire il consenso della paziente.

La soluzione data dalla Cassazione

Secondo la Corte di Cassazione, il passaggio della decisione sopra riportato non è condivisibile. Infatti,

Il consenso libero e informato… attiene all’informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente viene sottoposto, al fine di porlo in condizione di consapevolmente consentirvi… (lo stesso) è volto a garantire la libertà di autodeterminazione terapeutica dell’individuo… e costituisce un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi consentendogli di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico… o anche di rifiutare (in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale) la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla…, salvo che ricorra uno stato di necessità”.

Nel caso di specie la paziente, pur in condizioni di salute molto compromesse, era vigile e cosciente: non ricorreva dunque alcuno stato di necessità idoneo a giustificare la somministrazione del trattamento medico in mancanza di adeguata informazione. Sul punto, vedi anche il mio precedente postScoperta inattesa di patologia grave e particolarmente aggressiva in corso d’intervento e consenso informato”.

Emerge con tutta evidenza come la corte di merito pretenda di trarre dalla gravità delle condizioni di salute della paziente la conseguenza che, in luogo di rinunziare a farsi ivi operare optando per altra maggiormente idonea struttura dotata in particolare (quantomeno) di reparto di cardiochirurgia, la medesima si sarebbe invero addirittura indotta … ad accelerare la realizzazione di quella «realistica prospettiva» poi inesorabilmente verificatasi.”

Al di là della gravità della situazione, il consenso al trattamento avrebbe dovuto essere raccolto dopo un’adeguata informazione al paziente “in ordine alla natura dell’intervento, a suoi rischi, alla portata dei possibili e probabili risultati conseguibili nonché delle implicazioni verificabili”, della quale tuttavia parrebbe non esserci traccia negli atti del giudizio.

Alla luce di quanto precede, la motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata meramente apparente, o inesistente. La stessa è stata dunque cassata e rinviata alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per un nuovo esame.

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LEGGI L’ORDINANZA

Cassazione Civile, Sez. III, n. 27109 del 6.10.2021