Lavoro in équipe: chi risponde in caso di abbandono di presidi chirurgici nel corpo del paziente?

Grava sul capo dell’équipe medico-chirurgica il dovere, da valutarsi alla luce delle particolari condizioni operative, di controllare il conteggio dei ferri utilizzati nel corso dell’intervento e di verificare con attenzione il campo operatorio prima della sua chiusura, al fine di evitare l’abbandono in esso di oggetti facenti parte dello strumentario.

È inoltre responsabile il secondo operatore che si sia allontanato anzitempo dalla sala operatoria, e ciò sia per non avere partecipato alla conta conclusiva del materiale sanitario impiegato, sia per l’immanente dovere di diligenza del chirurgo nell’utilizzo delle garze laparotomiche, il quale non risulta escluso dalla attribuzione a un componente specifico dell’équipe operatoria del compito del conteggio delle garze.

Torniamo oggi sul tema della responsabilità per lavoro d’équipe per esaminare una sentenza della Cassazione Penale (Sez. IV, n. 54573 del 20 luglio-6 dicembre 2018) concernente un caso di complicanza settica conseguente alla dimenticanza di una garza nella cavità pleurica del paziente a seguito di intervento chirurgico.

 

Il caso

Un signore viene sottoposto ad un complicato intervento chirurgico ai polmoni a causa di un carcinoma polmonare, che dura molte ore.

A seguito di tale intervento il paziente sviluppa una complicanza settica, da cui derivano empiema con fistola e polmonite: a seguito delle verifiche del caso, si rinviene nella cavità pleurica una garza di consistenti dimensioni, evidentemente dimenticata al termine dell’intervento.

Le Corti di merito accertano, tramite accertamenti tecnici, la pacifica riconducibilità dei fenomeni infettivi nel caso in commento alla presenza della garza.

La Corte di Cassazione viene chiamata a pronunciarsi sui ricorsi contro le sentenze di condanna del primo operatore e del suo aiuto.

 

La responsabilità del primo operatore

La Corte di Cassazione conferma innanzitutto la responsabilità nel caso in questione del primo operatore: tale responsabilità sorge infatti dal fatto stesso di essere investito del ruolo di chirurgo principale dell’èquipe che esegue l’intervento chirurgico, posto che il controllo sul numero delle garze non può ritenersi un compito residuale, affidato esclusivamente al personale ausiliario o paramedico. È stato infatti riconosciuto che

“grava sul capo dell’equipe medico chirurgica il dovere, da valutarsi alla luce delle particolari condizioni operative, di controllare il conteggio dei ferri utilizzati nel corso dell’intervento e di verificare con attenzione il campo operatorio prima della sua chiusura, al fine di evitare l’abbandono in esso di oggetti facenti parte dello strumentario (quale una garza)”.

La condotta del sanitario in questione è stata giudicata altresì in contrasto con specifiche Raccomandazioni del Ministero della Salute risalenti al 2007 e finalizzate ad evitare la ritenzione di presidi medici all’interno del sito chirurgico: risultano dunque essere state disattese le buone prassi sanitarie volte a presidiare la salute del paziente, anche in relazione alla mancanza di vigilanza e di monitoraggio strettamente connessi all’esecuzione dell’intervento chirurgico.

 

Il secondo operatore? È responsabile se si allontana dal sito chirurgico prima della conclusione di tutte le operazioni e formalità dell’intervento

Nel caso in commento viene confermata anche la condanna in grado d’appello del secondo operatore.

Era stato infatti verificato che il sanitario in questione si era allontanato dalla sala operatoria nella fase finale dell’intervento, e che tale allontanamento non era giustificato da alcuna pressante e superiore esigenza professionale (es. urgenze in Pronto Soccorso), né da una non indispensabilità della sua presenza in sala. Ciò anche considerato che l’intervento era stato lungo e complesso e dunque la collaborazione di tale sanitario era di fondamentale importanza per il primo operatore, provato dopo 10 ore di intervento, sia nella delicata fase di controllo e conta dei presidi chirurgici – che infatti era mancata – che nella successiva fase di sutura.

Alla contestazione secondo cui al secondo operatore non competeva alcuna specifica posizione di garanzia relativa alla verifica delle garze utilizzate, la Corte di Cassazione ha replicato che la responsabilità di tale figura risiedeva

“non solo nel fatto di non avere partecipato alla conta conclusiva del materiale sanitario impiegato, bensì nella esistenza di un immanente dovere di diligenza del chirurgo nell’utilizzo delle garze laparotomiche, il quale non risulta escluso dalla attribuzione ad un componente specifico dell’èquipe operatoria del compito del conteggio delle garze, preliminare, coevo e successivo all’intervento.”

Si verte infatti, dice la Corte, in una regola cautelare che scaturisce dai canoni della prevedibilità e della evitabilità dell’evento pregiudizievole, consistente nell’abbandono delle garze nel corpo del paziente, e che è alla base dei protocolli osservati nel luogo di cura e alle raccomandazioni ministeriali.

 

Il conteggio dello strumentario è un dovere aggiuntivo di cui il secondo operatore risponde personalmente

Con riferimento specifico alla posizione del secondo operatore, la Corte ha precisato che quello della conta dei presidi chirurgici al termine dell’intervento è un dovere aggiuntivo rispetto a quello gravante sugli altri componenti dell’équipe sanitaria e a quello di controllo formale che il capo-équipe è tenuto a svolgere sull’operato del ferrista, cosicché

“l’obbligo di controllo del chirurgo capo-équipe del conteggio dello strumentario operato dal collaboratore si accompagna all’obbligo di diligenza nel controllo del campo operatorio, onde prevenire la derelizione in esso di cose facenti parte dello strumentario da parte di chi, come nel caso di specie, titolare di una coeva e solidale posizione di garanzia, abbia partecipato alle fasi salienti del trattamento chirurgico per abbandonare l’équipe prima della conclusione del trattamento.

Nel caso di intervento svolto in équipe, il chirurgo è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente che non è limitata all’ambito strettamente chirurgico, ma si estende al successivo decorso post-operatorio, di talché è ravvisabile una sua responsabilità per condotte di allontanamento dal nosocomio, anche nel caso in cui l’intervento sia terminato.”

Sulla base delle considerazioni che precedono la Cassazione ha rigettato i ricorsi dei sanitari e confermato la condanna anche alla rifusione delle spese del procedimento a favore delle parti civili.

 

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LEGGI LA SENTENZA

Cassazione Penale, Sez. IV, n. 54573 del 20 luglio-6 dicembre 2018