Le linee guida sono solo un parametro di valutazione della condotta del medico: ciò significa che una condotta difforme dalle linee guida possa essere ritenuta diligente, se nel caso di specie esistevano particolarità tali da imporre tale inosservanza
Oggi esaminiamo una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 30998 del 30 novembre 2018) concernente il valore da attribuire alle linee guida e le possibili conseguenze del comportamento medico tenuto in difformità dalle stesse.
Il caso
A seguito di un grave sinistro stradale, un signore viene sottoposto ad un intervento chirurgico di asportazione della milza e di riduzione della frattura delle ossa del bacino.
Dopo tali interventi, eseguiti in un ospedale pubblico, il paziente viene trasferito in una clinica privata, dove rimane ricoverato per 5 giorni. Durante la degenza il paziente soffre di una trombosi venosa profonda (TVP) in conseguenza della quale deve essere ricoverato nel reparto di medicina d’urgenza di un altro ospedale pubblico.
Alcuni anni dopo, il paziente incardina una causa contro la clinica e due medici suoi dipendenti (cardiologo e fisiatra) chiedendone la condanna per i danni sofferti a seguito della trombosi.
A sostegno della propria domanda, vengono dedotti due diversi inadempimenti, e cioè:
- il fatto che i medici avessero erroneamente interpretato il quadro clinico del paziente e somministrato allo stesso una dose inadeguata di farmaco antitrombotico a base di eparina;
- il ritardo di quattro giorni nell’inizio di adeguata terapia della TVP per non essersi tempestivamente avveduti dell’insorgenza della trombosi.
Il Tribunale accoglie le domande del paziente; la Corte d’Appello rivede integralmente la decisione di primo grado e rigetta le domande originarie. La Cassazione è stata dunque investita della decisione sulle questioni sopra indicate.
Il motivo d’impugnazione in discussione
In uno dei motivi di impugnazione della sentenza d’appello il paziente allega che, dimezzando la dose di eparina da somministrare, i medici si sarebbero discostati dalle linee guida generalmente condivise dalla scienza medica per il trattamento dei politraumatizzati da sinistro stradale, e sarebbero stati dunque professionalmente inadempienti.
Le linee guida non sono un letto di Procuste insuperabile
Secondo la Cassazione, il fatto che i sanitari non si attennero, nel caso di specie, alle linee guida generalmente condivise per la somministrazione di eparina è un fatto non decisivo, per due ragioni.
Innanzitutto perché
“Le cd. linee guida (ovvero le leges artis sufficientemente condivise almeno da una parte autorevole della comunità scientifica in un determinato tempo) non rappresentano un letto di Procuste insuperabile”
Si ricorderà che “essere sul letto di Procuste” – espressione che deriva dal soprannome di un leggendario brigante greco che assaltava i viandanti e li torturava stendendoli su un letto, che poi prese il suo soprannome, stirandoli a forza se fossero troppo corti o amputandoli se sporgenti da esso – significa trovarsi nella situazione di chi è obbligato a tenersi entro limiti troppo rigidi, o più genericamente in una situazione intollerabile.
Secondo la Suprema Corte, le linee guida
“sono solo un parametro di valutazione della condotta del medico: di norma una condotta conforme alle linee guida sarà diligente, mentre una condotta difforme dalle linee guida sarà negligente o imprudente. Ma ciò non impedisce che una condotta difforme dalle linee guida possa essere ritenuta diligente, se nel caso di specie esistevano particolarità tali che imponevano di non osservarle”
ad esempio nel caso in cui le linee guida prescrivano la somministrazione di un farmaco verso il quale il paziente abbia una conclamata intolleranza, ed il medico perciò non lo somministri.
Allo stesso modo, anche una condotta conforme alle linee guida potrebbe essere ritenuta colposa, avuto riguardo alle particolarità del caso concreto, ad esempio allorché le linee guida suggeriscano l’esecuzione di un intervento chirurgico d’elezione ed il medico vi si attenga, nonostante le condizioni pregresse del paziente non gli consentano – per esempio – di sopportare un’anestesia totale.
Sicché,
“non costituendo le linee guida un parametro rigido ed insuperabile di valutazione della condotta del sanitario, la circostanza che il giudice abbia ritenuto non colposa la condotta del sanitario che non si sia ad esse attenuto non è di per sé sola sufficiente per ritenere erronea la sentenza, e di conseguenza per ritenere “decisivo” l’omesso esame del contenuto di quelle linee guida.”
Nessuna novità dal punto di vista della giurisprudenza
La pronuncia in commento, per quanto abbia sollevato abbastanza clamore, non fa che confermare i principi più volte affermati in materia dalla stessa Corte di Cassazione.
Già nel 2017 la Suprema Corte aveva affermato che
“le linee guida non assurg(o)no punto al rango di fonti di regole cautelari codificate, non essendo né tassative né vincolanti, e comunque non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la miglior soluzione per il paziente. Di tal che, pur rappresentando un utile parametro nell’accertamento dei profili di colpa medica, esse non eliminano la discrezionalità giudiziale, libero essendo il giudice di valutare se le circostanze del caso concreto esigano una condotta diversa da quella prescritta”.
In tale frangente la Corte aveva altresì precisato che le linee guida in materia sanitaria contengono esclusivamente regole di perizia, e dunque non costituiscono in ogni caso un parametro di riferimento quando l’addebito mosso all’esercente la professione sanitaria sia di imprudenza o negligenza (Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 11208/2017).
Ricordiamo che recentemente le linee guida hanno ricevuto riconoscimento legislativo prima con la Legge Balduzzi del 2012 e successivamente con la revisione dell’art. 590-sexies del codice penale ad opera della Legge Gelli-Bianco (n. 24/2017), il quale a sua volta attribuisce sì importanza – pur sotto il profilo penalistico – all’applicazione delle linee guida (ovvero, in mancanza di queste, delle buone pratiche clinico-assistenziali), ma anche alla necessaria valorizzazione delle specificità del caso concreto ad eventuale discapito dell’applicazione pedissequa delle linee guida laddove necessario.
Le conclusioni nel caso in commento
Nel caso in questione la Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante ai fini dell’addebito di responsabilità a carico dei professionisti sanitari l’allegata inosservanza delle linee guida in materia di somministrazione di eparina nel caso di specie, in quanto tale discostamento appariva pienamente giustificato dalle circostanze del caso concreto, ovverosia:
- il paziente era stato sottoposto ad intervento chirurgico
- allo stesso era stata rimossa la milza
- il paziente era inoltre in procinto di iniziare il programma fisioterapico che, comportando la mobilitazione degli arti, aumentava il rischio di emorragia.
L’allontanamento dalle linee guida era dunque pienamente giustificato sulla base della necessità di contemperare il rischio di trombosi con il contrapposto rischio emorragico. Nessuna responsabilità risulta dunque essere stata ascritta ai medici curanti a tale riguardo.
Ci aggiorniamo la prossima settimana con un altro, interessante argomento!
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