La cartella clinica non si trova: quali gli obblighi della struttura pubblica nei confronti del paziente richiedente?

Nel caso in cui un documento clinico risulti indisponibile perchè smarrito o per altro motivo, l’Azienda Ospedaliera non può semplicemente rifiutare l’accesso agli atti da parte del paziente: l’Amministrazione è tenuta ad eseguire con la massima accuratezza sollecite ricerche per rinvenire i documenti chiesti ed a attestare formalmente le ragioni dell’impossibilità di ricostruire gli atti mancanti, le eventuali responsabilità connesse a tale mancanza (smarrimento, sottrazione, ecc.) e l’adozione degli atti di natura archivistica che accertino lo smarrimento/irreperibilità in via definitiva dei documenti medesimi, provvedendo al contempo a comunicare all’interessato gli eventuali documenti parziali rinvenuti.

Oggi vi segnalo un’interessante sentenza del TAR Campania (n. 899 del 8.2.2023) in tema di accesso agli atti (nella specie, di natura sanitaria) ed obblighi di giustificazione dell’eventuale smarrimento o irreperibilità da parte della struttura pubblica.

Il caso

Un paziente, vittima di un incidente automobilistico e necessitato ad acquisire la propria cartella clinica al fine di ottenere il risarcimento da parte dell’assicurazione, fa richiesta di una copia al presidio ospedaliero che l’aveva assistito a seguito del sinistro.

L’amministrazione rimane inerte, limitandosi a comunicare di aver avviato la ricerca della documentazione in suo possesso e di aver denunciato alle competenti autorità lo smarrimento della cartella clinica.

Il paziente – atteso che la documentazione in questione era necessaria a documentare i dettagli del sinistro, l’operazione chirurgica al quale era stato sottoposto e le ulteriori informazioni utili per la liquidazione dell’importo risarcitorio domandato – propone dunque ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale lamentando l’illegittimità del diniego di tacito di accesso. Vediamone i profili rilevanti.

La mera comunicazione dello smarrimento non è sufficiente

Secondo il TAR, la mera comunicazione di smarrimento inviata dall’azienda sanitaria non è sufficiente a ritenere esaustivamente adempiuti gli obblighi conseguenti all’istanza di accesso del paziente.

La giurisprudenza prevalente afferma che, se determinati documenti che sono legittimamente richiesti dal privato, non risultino esistenti negli archivi dell’Amministrazione che li dovrebbe detenere per ragioni di servizio, quest’ultima è tenuta a certificarlo, così da attestarne l’inesistenza e fornire adeguata certezza al richiedente per quanto necessario a consentirgli di determinarsi sulla base di un quadro giuridico e provvedimentale completo ed esaustivo.

In tema, ricordiamo che “Le cartelle cliniche, unitamente ai relativi referti, vanno conservate illimitatamente poiché rappresentano un atto ufficiale, indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico sanitario” (Ministero della Sanità, circolare 19 dicembre 1986, n. 61).

Ad impossibilia nemo tenetur

È ben vero che nessuno può essere tenuto a fare l’impossibile, e dunque anche nei procedimenti di accesso ai documenti amministrativi l’esercizio del relativo diritto non può che riguardare, per evidenti motivi di buon senso e ragionevolezza, i documenti esistenti e non anche quelli distrutti o comunque irreperibili o mai posti in essere (pur essendo doverosa la loro redazione).

Ciò posto non è tuttavia sufficiente al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso, e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso – la mera e indimostrata affermazione in ordine all’indisponibilità degli atti.

Cosa deve fare l’Azienda Sanitaria?

In simili situazioni,

“l’Amministrazione è tenuta … ad eseguire con la massima accuratezza e diligenza sollecite ricerche per rinvenire i documenti chiesti in visione e a dare conto al privato delle ragioni dell’impossibilità di ricostruire gli atti mancanti, delle eventuali responsabilità connesse a tale mancanza (smarrimento, sottrazione, ecc.) e dell’adozione degli atti di natura archivistica che accertino lo smarrimento/irreperibilità in via definitiva dei documenti medesimi.”

In altri termini, secondo la giurisprudenza amministrativa, allorché l’amministrazione cui sia stato chiesto l’accesso non riesca in concreto a trovare la documentazione, non è sufficiente la mera dichiarazione che i documenti non sono stati trovati, essendo necessario che essa rilasci una vera e propria attestazione, di cui si assume la responsabilità, che chiarisca:

  1. se i documenti richiesti non esistano, ovvero siano andati smarriti o comunque non siano stati trovati;
  2. in questo secondo caso, quali ricerche siano state eseguite, avendo riguardo alla modalità di conservazione degli atti richiesti e alle articolazioni organizzative incaricate della conservazione, e quali siano le concrete le ragioni del mancato reperimento dei documenti.

Ne scaturisce, in sostanza, l’illegittimità di un mero diniego, ovvero di una negazione di accesso che si basi unicamente sulla dichiarazione di irreperibilità dei documenti oggetto della richiesta, senza l’indicazione delle modalità di conservazione degli atti invocati in visione, delle ragioni del loro smarrimento, delle ricerche in concreto compiute e senza la trasmissione degli atti che si dichiarano posseduti le cui risultanze erano destinate ad essere inserite nella documentazione richiesta ed asseritamente smarrita.

La conclusione nel caso in commento

Nel caso di specie, l’azienda sanitaria aveva dichiarato al paziente di aver avviato la ricerca dei referti dei singoli esami e trattamenti sanitari cui lo stesso era stato sottoposto, ma tali referti non solo non erano stati trasmessi, ma nemmeno era stato dato conto dell’esecuzione di una circostanziata indagine avuto riguardo alle specifiche regole di conservazione dei medesimi atti.

Pertanto, in accoglimento delle richieste del paziente, il TAR ha ordinato all’Amministrazione resistente di provvedere, entro 30 giorni:

  • a trasmettere al paziente la documentazione, anche parziale, ancora in suo possesso, ivi compresi eventuali referti parziali comunque reperibili in struttura, nonché
  • a rilasciare – a cura del Responsabile dell’ufficio competente – un’attestazione formale circa l’inesistenza o la indisponibilità della cartella clinica richiesta, da redigersi nel rispetto delle regole archivistiche sancite dal Regolamento della stessa Amministrazione,

con condanna della stessa azienda sanitaria al pagamento delle spese di lite.

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LEGGI LA SENTENZA

TAR Campania, Sez. V, n. 899 del 8.2.2023