Linee Guida e diligenza del professionista: quando si può dare di più

La conformità della condotta del professionista alle linee guida di settore non costituisce di per sé causa di esonero del sanitario da responsabilità tutte le volte che la specificità del caso concreto imponga uno standard di diligenza più elevato.

 

Dopo il mio precedente post in materia, torniamo oggi sul dibattuto tema del rispetto delle linee guida da parte del sanitario con una recente sentenza della Corte Appello di Catania (n. 2137 del 15.10.2018) che riguarda specificamente un caso di omessa diagnosi di malformazioni fetali da parte di un ginecologo.

 

Il caso

Una signora viene seguita durante la seconda gravidanza dal ginecologo di fiducia, che la sottopone ad alcuni esami ecografici, senza peraltro rilevare alcuna anomalia apparente del feto.

Sottoposta a parto cesareo, la signora dà alla luce una bimba affetta da cardiopatia congenita (tetralogia di Fallot) e da una sindrome plurimalformativa, con gravissime malformazioni al cranio, agli occhi ed agli arti (sindrome di Apert).

La signora ed il marito instaurano dunque una causa contro il ginecologo chiedendone la condanna per i danni sofferti per l’errata diagnosi prenatale, dalla quale era derivata la nascita indesiderata della bambina. In particolare, vengono contestati al medico:

  • l’omissione dell’esame morfologico tra la 21^ e la 24^ settimana e dell’esame eco-cardiografico tra la 31^ e la 34^ settimana;
  • la scorretta interpretazione degli esami strumentali disponibili;
  • l’omessa informazione della paziente sui limiti dell’ecografia ostetrica.

La difesa del sanitario si basa sull’allegata conformità della sua condotta alle linee guida della SIEOG (Società Italiana Ecografia Ostetrica e Ginecologica) applicabili in materia.

Il Tribunale accoglie le domande dei genitori e condanna il medico a risarcire i danni subiti dagli stessi e dalla bimba; la sentenza viene dunque impugnata avanti alla Corte d’Appello.

 

L’esito della consulenza nel caso concreto

Il consulente tecnico nominato dal Tribunale ha innanzitutto accertato che tutte le malformazioni di cui era affetta la bimba erano, in concreto, diagnosticabili prima della nascita. Nel dettaglio:

  • la sindrome di Apert poteva essere diagnosticata direttamente tramite un’amniocentesi o una funicolocentesi, oppure indirettamente (ovverosia mediante la rilevazione dei segni tipici della malattia) tramite ecografia eseguita nel terzo trimestre di gravidanza;
  • la tetralogia di Fallot poteva essere diagnosticata tramite ecocardiografia fetale che includesse la valutazione degli effluvi, da eseguirsi tra la 21^ e la 23^ settimana.

Nel caso di specie, il medico:

  • da un lato, non aveva correttamente letto gli esiti degli esami ecografici da lui stesso eseguiti, da cui avrebbe potuto desumere la ricorrenza nella bimba dei segni tipici della sindrome di Apert, e
  • dall’altro lato, non aveva eseguito l’ecocardiografia fetale completa, che includesse la valutazione degli effluvi cardiaci; se è vero che tale scansione non è obbligatoria sulla base delle linee guida SIEOG del 2006 applicabili nel caso in commento, il medico non aveva nemmeno ottemperato a tali linee guida laddove, in caso di omissione dell’esame, prescrivono di avvertire la paziente dei possibili limiti delle potenzialità diagnostiche dell’esame effettivamente eseguito per quanto attiene alla rilevazione delle eventuali cardiopatie congenite del bimbo.

 

Il caso concreto può imporre uno standard di diligenza superiore rispetto alle linee guida

La condotta del sanitario convenuto è stata dunque ritenuta sia da parte del Tribunale che dalla Corte d’Appello affetta da colpa sia per la mancata rilevazione delle anomalie fetali che in realtà erano in concreto rilevabili tramite una corretta ed attenta lettura degli esami ecografici effettuati, sia – a ben vedere – per aver omesso di fare quanto necessario per rilevarle, oltre che per la mancanza di informazione corretta alla paziente.

Secondo la Corte d’Appello,

“non rileva in alcun modo, ai fini dell’esclusione della colpa, l’asserita osservanza … delle linee guida non solo perché la conformità della condotta professionale alle linee guida non costituisce di per sé causa di esonero del sanitario da responsabilità tutte le volte in cui la specificità del caso concreto imponga uno standard di diligenza più elevato… ma anche perché non risulta nemmeno che le linee guida siano state nel caso concreto pienamente osservate.”

In altri termini:

  • nel caso in commento – al di là delle affermazioni del sanitario – le linee guida di settore non risultano essere state correttamente applicate;
  • anche a voler prescindere da quanto precede, secondo la Corte non sempre per i medici è sufficiente attenersi alle linee guida di settore: se la specificità e la delicatezza del caso concreto impongono uno standard di diligenza più elevato – come nel caso in commento – il sanitario che non vi si conformi a tale standard potrà essere chiamato rispondere dei danni sofferti dal paziente a causa del proprio operato.

La pronuncia della Corte d’Appello di Catania riprende dunque i concetti già recentemente espressi dalla Cassazione (vedi la sentenza n. 11208 del 2017) secondo cui le linee guida, pur rappresentando un utile parametro nell’accertamento dei profili di colpa medica, non sono regole cautelari codificate e dunque

“non sono né tassative né vincolanti, non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la miglior soluzione per il paziente”.

Sul tema, vedi anche il mio post “violazione delle linee guida e diligenza del medico”, dedicato alla recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 30998 del 30 novembre 2018.

 

Le conclusioni nel caso in commento

Alla luce dei principi sopra esposti, la Corte ha dunque accertato l’avvenuta inosservanza delle linee guida in materia da parte del professionista sanitario e ha confermato la condanna al risarcimento dei danni subiti da parte dei genitori della bambina a causa della nascita indesiderata.

La Corte d’Appello ha però rivisto la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva condannato il medico a corrispondere un risarcimento anche personalmente alla bambina disabile: al riguardo, la pronuncia in commento si conforma all’opinione della Corte di Cassazione in materia secondo cui, nel nostro ordinamento, non esiste un astratto diritto del bimbo a “non nascere se non sano”.

Per una disamina dettagliata sulle recenti pronunce in materia, vedi anche il mio post “Il bimbo in stato vegetativo permanente è una persona in senso pieno e ha diritto di essere curato”.

 

Ci aggiorniamo la prossima settimana con un altro, interessante argomento!

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LEGGI LA SENTENZA

Corte Appello di Catania, n. 2137 del 15.10.2018