Va considerato correttamente acquisito il consenso informato concernente l’inoculazione di un vaccino sperimentale, dal quale sono conseguite conseguenze lesive per il paziente, posto che:
a) era noto trattarsi di vaccinazione sperimentale
b) era stata evidenziata la possibilità di eventi avversi sconosciuti, da porre in correlazione con la natura dell’inoculazione dei vaccini in concomitanza con I’MMR vaccino anti-morbillo, parotite e rosolia.
Vista l’attualità dell’argomento, oggi vi segnalo un’interessante ordinanza della Cassazione Civile di qualche mese fa (Sez. III, n. 25272, 10 novembre 2020) sul tema degli obblighi informativi concernenti i vaccini sperimentali.
Il caso
Una bimba, nata apparentemente senza alterazioni, segni clinici o segnalazione anamnestica di ritardo nelle acquisizioni psicomotorie, viene sottoposta, su base volontaria, ad una vaccinazione sperimentale; dopo i primi segnali di reazione avversa (un rialzo febbrile e un episodio di otite bilaterale) la bimba viene ricoverata, a circa 25 giorni dalla vaccinazione, con diagnosi di porpora trombocitopenica e poi dimessa, ma con riscontrata, progressiva regressione del linguaggio fino alla sua completa scomparsa. Qualche giorno dopo alla bimba viene diagnosticata una forma di autismo.
I genitori convengono dunque in giudizio la casa farmaceutica produttrice del vaccino sperimentale inoculato alla bambina, il medico responsabile dello studio clinico sperimentale nonché autore materiale della somministrazione vaccinale, e la AUSL di riferimento, allegando l’esistenza di una correlazione tra la sindrome autistica e la sperimentazione medica e chiedendo il risarcimento del danno subito. Tra le argomentazioni sollevate, viene contestata la mancanza di un’adeguata informazione data agli aventi diritto per il consenso alla vaccinazione ed evidenziato il mancato monitoraggio della bimba nei giorni successivi alla somministrazione.
Il Tribunale – separata la causa con la casa farmaceutica, in accoglimento dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata da quest’ultima – rigetta la domanda risarcitoria nei confronti del medico e dell’ASL, affermando l’insussistenza del nesso causale tra inoculazione del vaccino ed infermità riportata dalla bimba e la regolarità del consenso informato. La Corte di appello conferma la decisione.
Vediamo qual è l’esito del ricorso in Cassazione.
Il contenuto dell’informativa data ai genitori
Uno dei motivi di impugnazione dedotti dai genitori della piccola paziente concerne il contenuto dell’informativa loro fornita allo scopo di ottenere il consenso informato all’inoculazione del vaccino sperimentale e, in particolare, l’indicata possibilità di verificazione di «effetti avversi che attualmente non si conoscono».
In particolare, la Corte di Appello avrebbe errato mancando di considerare che il consenso “dev’essere informato in relazione alla capacità di comprensione del soggetto coinvolto, sicché avrebbero dovuto rappresentarsi tutte le possibili conseguenze di un atto terapeutico non necessario, assicurandosi del reale intendimento del consenziente”, con prova di aver fornito una corretta e completa informazione a carico del medico/ASL convenuti.
In altri termini: quale valore può avere la comunicazione al paziente (o a chi per esso) di inconoscibilità attuale dei possibili effetti del farmaco? La formula utilizzata richiama peraltro la locuzione, inserita nell’informativa del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 resa nota dall’AIFA il 1° gennaio 2021, secondo cui «non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza», poi espunta dalle informative già a partire dal mese di marzo 2021.
Ancor prima di ciò, quale contenuto deve avere, in generale, l’informazione da dare al paziente per poter essere considerata idonea alla formazione di un valido consenso all’inoculazione del vaccino, inteso quale espressione della consapevole adesione del paziente al trattamento sanitario proposto dal medico?
Il contenuto dell’informazione dovuta al paziente
Secondo la giurisprudenza consolidata in materia, al fine di favorire la corretta formazione del consenso informato al trattamento sanitario, devono essere – in generale – comunicate al paziente (o all’avente diritto), con necessaria e ragionevole precisione, le conseguenze probabili, possibili o comunque non imprevedibili del trattamento prospettato e delle eventuali alternative disponibili. Secondo la Cassazione, l’obbligo informativo non si estende ai soli rischi imprevedibili, ovvero gli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l’id quod plerumque accidit in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque ad interrompere il nesso di causalità tra l’intervento e l’evento lesivo (Cass. Civ., Sez. III, n. 2369 del 31.1.2018).
Al paziente devono dunque essere date tutte le informazioni scientificamente disponibili sulle conseguenze normalmente possibili, sia pure infrequenti (tanto da apparire “straordinarie”) sul bilancio rischi/vantaggi del trattamento o dell’intervento: l’ottica è quella della
«legittima pretesa, per il paziente, di conoscere con la necessaria e ragionevole precisione le conseguenze probabili (non anche quelle assolutamente eccezionali ed altamente improbabili) dell’intervento medico, onde prepararsi ad affrontarle con maggiore e migliore consapevolezza»
(Cass. Civ., Sez. III, n. 10608 del 4.5.2018). Sul tema, vedi anche il mio precedente post “Consenso informato (parte seconda): l’estensione dell’obbligo informativo”.
Nel nostro caso, le informazioni date ai genitori della piccola paziente in merito al vaccino sperimentale possono dunque essere considerate sufficienti e soddisfacenti? Il consenso all’inoculazione del vaccino può considerarsi validamente formato, anche se verosimilmente non tutti i rischi che lo stesso può comportare siano, allo stato, noti?
Le conclusioni della Cassazione
Nel caso in commento la Cassazione – per quanto qui d’interesse – ha dichiarato inammissibile l’impugnazione della sentenza di merito, nella parte in cui era stato
«accertato in fatto che il consenso informato era stato correttamente acquisito, valutato che:
a) era noto trattarsi di vaccinazione sperimentale;
b) era stata evidenziata la possibilità di eventi avversi sconosciuti, da porre in correlazione con la natura dell’inoculazione dei vaccini P31 e P32 in concomitanza con l’MMR vaccino anti morbillo, parotite e rosolia».
Il richiamo a possibili “eventi avversi sconosciuti” alla medicina parrebbe dunque sufficiente per ritenere validamente formato il consenso informato degli aventi diritto sul punto.
Alla luce di quanto precede, la Corte ha rigettato il ricorso e compensato le spese “in ragione dell’eccezionalità della vicenda”.
Si consideri, tuttavia, che la Cassazione si è pronunciata solamente in merito all’adempimento degli obblighi informativi da parte del medico incaricato e della ASL di riferimento; non si è invece espressa in merito all’eventuale responsabilità dell’azienda farmaceutica (oggetto di procedimento separato) e sugli obblighi di informazione gravanti sulla stessa. Su tale argomento, vedi il mio recente post “La responsabilità del produttore farmaceutico per prodotto difettoso”.
Ci aggiorniamo la prossima settimana con un nuovo, interessante argomento!
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