Omessa diagnosi di cancro e violazione del diritto di autodeterminazione del paziente

In caso di colpevole ritardo nella diagnosi di patologie ad esito infausto, l’area dei danni risarcibili non si esaurisce nel pregiudizio recato alla integrità fisica del paziente, né nella perdita di “chance” di guarigione, ma include la perdita di un “ventaglio” di opzioni con le quali scegliere come affrontare l’ultimo tratto del proprio percorso di vita, e dunque il danno al diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali.

Oggi vi segnalo una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 27682 del 12 ottobre 2021) che torna sul tema dell’omessa tempestiva diagnosi di malattia e del conseguente danno al diritto all’autodeterminazione del paziente.

Il caso

Una signora, lamentando prurito intenso, flogosi delle vie aeree e spossatezza, viene ricoverata presso una casa di cura privata per accertamenti e dimessa due giorni dopo, senza diagnosi significative; persistendo i sintomi, l’anno successivo la stessa si rivolge al primario del reparto di ematologia di un’Azienda Ospedaliera dalla quale, dopo due ricoveri distanza di due mesi l’uno dall’altro, viene dimessa con diagnosi di linfadenopatia.

Lo stesso giorno della seconda dimissione, la paziente si rivolge ad altra struttura ove, a seguito di esame istologico, le viene diagnosticato un “linfoma a piccoli linfociti b in trasformazione verso forma prolinfocita“. La paziente decide dunque di curarsi negli Stati Uniti, dove le viene riscontrata una diffusa linfoadenopatia dell’addome, al collo, ad entrambe le ascelle e un linfoma metastatico al midollo, con uno stadio della malattia al quarto livello avanzato. Nei tre anni successivi la paziente viene sottoposta a chemioterapia ed a numerosi ricoveri, ottenendo la remissione della malattia ma, l’anno seguente, la patologia si ripresenta in modo aggressivo e sopraggiunge il decesso.

Il marito – in proprio e quale rappresentante del figlio minore – agisce dunque in causa contro i medici e le prime due strutture sanitarie, contestando loro l’omissione di una tempestiva diagnosi della leucemia e l’anticipato decesso della paziente.

Il Tribunale, pur riconoscendo che la condotta dei vari medici che avevano avuto in cura la paziente era stata censurabile sotto vari profili, rigetta la domanda rilevando che, considerato il tipo di malattia (linfoproliferativa), i medici che visitarono la paziente presso la prima struttura non avevano elementi sufficienti per una corretta diagnosi, mentre quelli che la visitarono presso la seconda non furono posti in grado di completare gli accertamenti diagnostici poiché la paziente decise di curarsi altrove. La Corte d’Appello confermava la decisione.

Vediamo qual è l’esito della valutazione della Corte di Cassazione.

Il principale motivo di impugnazione degli eredi

Gli eredi della paziente, oltre a lamentare l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio da parte della Corte d’Appello, contestano che la sentenza non avrebbe fatto riferimento ai principi affermati nella sentenza della Cassazione Civile n. 7260 del 2018 (che trovate commentata in questo mio post). In particolare, sarebbe mancata la risposta, da parte dei giudici di merito, alla richiesta di risarcimento dei danni subiti personalmente dalla paziente a causa del colpevole ritardo diagnostico: ove la stessa, infatti, avesse ricevuto la diagnosi in tempi anticipati, avrebbe ancora potuto esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione per la parte finale della sua vita.

La mancata diagnosi tempestiva di malattia terminale viola il diritto all’autodeterminazione del paziente

Secondo la Corte, le contestazioni degli eredi sono fondate.

Infatti,

“Va… dato seguito all’orientamento secondo cui, in tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, in quanto essa nega al paziente, oltre che di essere messo nelle condizioni di scegliere “cosa fare”, nell’ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la fruizione della salute residua fino all’esito infausto, anche di essere messo in condizione di programmare il suo essere persona e, quindi, in senso lato l’esplicazione delle sue attitudini psico-fisiche, in vista e fino a quell’esito.”

L’omessa diagnosi non causa solo, o necessariamente, una perdita di “chance” terapeutiche o di vita

La Corte ribadisce inoltre, richiamando il già citato precedente, che in caso di colpevole ritardo nella diagnosi di patologie ad esito sicuramente infausto, l’area dei danni risarcibili al paziente:

  • non si esaurisce nel pregiudizio all’integrità fisica del paziente
  • causa necessariamente una perdita di “chances” di guarigione, o connesse allo svolgimento di specifiche scelte di vita non potute compiere, ma

“determina la lesione di un bene reale, certo – sul piano sostanziale – ed effettivo, apprezzabile con immediatezza, qual è il diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali”,

il quale è un diritto di scelta in sé autonomamente apprezzabile, che non richiede l’assolvimento di alcun ulteriore onere di allegazione da parte del paziente (o dei suoi eredi) e che giustifica una condanna al risarcimento del danno sulla base di una liquidazione equitativa.

In tale prospettiva, il diritto di autodeterminazione del paziente riceve positivo riconoscimento e protezione in tutto il ventaglio di opzioni – perdute – con le quali il paziente avrebbe potuto scegliere come affrontare l’ultimo tratto del proprio percorso di vita:

  • dalla possibilità di ricorrere a trattamenti lenitivi della patologia non più reversibile,
  • alla predeterminazione – all’opposto – di un percorso che porti a contenere la durata della malattia,
  • fino alla mera accettazione della propria condizione.

 

Per concludere

Sulla base di quanto precede, la sentenza dell’appello è stata cassata e la causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per una nuova decisione con applicazione dei principi appena visti.

Ci aggiorniamo la prossima settimana con un altro, interessante argomento!

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A presto!

LEGGI LA SENTENZA

Cassazione Civile, Sez. III, n. 27682 del 12 ottobre 2021