Lavoro in équipe e limiti della responsabilità medica per omesso controllo altrui

In caso di intervento chirurgico eseguito in équipe, il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, ponendo rimedio ad eventuali errori, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento

Oggi vi segnalo un’interessante sentenza della Corte d’Appello di Milano (n. 1877 del 17 luglio 2020), utile a ribadire i principi in tema di responsabilità medica nel lavoro d’équipe.

Il caso

Una signora viene sottoposta ad intervento di diversione biliopancreatica secondo Scopinaro, riportando gravi danni ad esito dello stesso.

Viene dunque instaurata una causa per il risarcimento del danno contro la struttura sanitaria ed il medico che aveva eseguito l’intervento, all’esito della quale il Tribunale condanna la sola struttura al pagamento dell’importo di Euro 374.035,89 oltre ad interessi e rifusione delle spese di consulenza tecnica d’ufficio e di giudizio.

Vediamo oggi qual è l’esito dell’impugnazione della sentenza avanti alla Corte d’Appello, con particolare riferimento alle critiche svolte da parte della struttura sanitaria in merito all’esclusione della responsabilità del chirurgo primo operatore ed all’erronea applicazione dei principi in tema di responsabilità per lavoro d’équipe.

L’esito della CTU nel caso in commento

Secondo il giudizio della Corte d’Appello, che ribadisce il parere espresso dai consulenti tecnici nominati d’ufficio, nessuna responsabilità avrebbe potuto essere ascritta al primo operatore.

In realtà, i danni riportati dalla paziente non erano collegabili al suo operato, bensì a quelli dell’anestesista, il quale

  • nella fase preoperatoria non aveva correttamente stimato lo specifico rischio anestesiologico secondo parametri dell’American Society of Anesthesiologists (ASA), con ciò condizionando la valutazione dei parametri vitali cardio-respiratori della paziente nella fase post-operatoria e precludendo di intercettare sull’inizio l’arresto respiratorio poi verificatosi a distanza di poche ore dalla conclusione della seduta operatoria
  • nell’immediato post-operatorio aveva somministrato un dosaggio “abnorme e inadeguato” di morfina, che – considerata anche la condizione di gravissima obesità della paziente – contribuì all’insorgenza di un acuto deficit ventilatorio.

I principi in tema di responsabilità medica per lavoro in équipe

Secondo la Corte d’Appello, nel caso in commento non è possibile fare riferimento ai principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di responsabilità per prestazione medica resa in équipe, sulla base dei quali

“in tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in «équipe», … ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori, che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio”.

Tali principi, infatti, riguardano i casi in cui il medico collabora con altri operatori a sé coordinati (per esempio capo équipe esecutore dell’operazione e aiuto chirurgo – Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 26728 del 23/10/2018; secondo aiuto di una équipe chirurgica, Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 2060 del 29/1/2018: al riguardo vedi il mio commentoResponsabilità per lavoro d’equipe: il secondo aiuto risponde se non controlla l’attività altrui”) e valorizza l’omesso “controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali”.

I limiti dell’obbligo di vigilare sull’attività altrui

Nel caso in esame, invece, gli elementi accertati in sede di consulenza tecnica (erroneo inquadramento anestesiologico; eccessivo quantitativo di morfina somministrata dopo l’operazione) attenevano evidentemente ad interventi invece del tutto settoriali, riguardando tematiche di competenza specifica dell’anestesista e (quanto alla somministrazione di morfina) occorse ad intervento ormai da tempo concluso.

Al riguardo, la Corte sottolinea che l’elaborazione sopra vista in tema di responsabilità per l’operato altrui

“non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui”

(così la Cass. Pen., Sez. IV, 23/1/2018, n. 22007).

Nel caso in commento, essendo evidente che i danni sofferti dalla paziente fossero interamente ascrivibili alle scelte compiute dall’anestesista, in fasi dell’intervento di sua esclusiva competenza, il primo operatore non poteva certo esserne considerato corresponsabile per non essere intervenuto ad emendarli.

Anche sulla base delle sopra indicate motivazioni, la Corte D’Appello ha rigettato l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado, condannando la struttura sanitaria al pagamento delle spese processuali a favore del medico e della sua assicurazione, e sia la struttura sia la paziente, considerata la rispettiva soccombenza, al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Ci aggiorniamo la prossima settimana con un nuovo, interessante argomento.

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A presto!

Leggi la sentenza

Corte d’Appello di Milano, n. 1877 del 17 luglio 2020