Oggi apriamo un ciclo di post dedicati al delicato tema del contenzioso in ambito medico-sanitario, con particolare attenzione ai settori dermatologico ed estetico, partendo da una fotografia dello stato attuale della situazione. Passeremo nei prossimi post ad approfondire la struttura della responsabilità medico-sanitaria e i consigli su come prevenire – per quanto possibile – ed affrontare al meglio le problematiche derivanti da questa escalation.
Trovate di seguito il mio ultimo articolo per la sezione “Aspetti Legali in Dermatologia” del sito Internet dell’ISPLAD – International-Italian Society of Plastic – Regenerative and Oncologic Dermatology, di interesse generale per professionisti sanitari.
Buona lettura!
Iniziamo con qualche dato
Secondo i dati del Report OMS 2018 concernente la salute globale:
– circa il 10% dei pazienti va incontro ad un evento avverso durante il trattamento sanitario
– sette pazienti ospedalizzati su 100 possono aspettarsi di essere colpiti da un’infezione legata alle terapie (nei paesi in via di sviluppo, la percentuale cresce ad 1 paziente su 10), che nell’1% dei casi li condurrà al decesso
– circa il 15% della spesa ospedaliera è usata per correggere complicazioni prevenibili delle cure ed eventi avversi che hanno colpito pazienti.
Solo una minima parte di questo importo confluisce nell’eventuale risarcimento del danno a favore del paziente: gran parte della spesa è impiegata nello svolgimento di attività sanitarie che si sarebbero potute evitare.
Ovviamente si tratta di stime generalizzate, non specificamente declinate sull’ambiente sanitario italiano; ma resta il fatto che l’incidenza annuale del contenzioso nell’ambito sanitario è in ascesa.
Che tipo di contenzioso?
Il contenzioso in ambito sanitario ricade nella maggior parte dei casi in sede civile: nei tribunali italiani pendono circa 300 mila cause civili contro medici e strutture sanitarie pubbliche e private, con circa 35 mila nuove azioni legali incardinate in media ogni anno.
Anche le azioni penali – sia pur in misura minore rispetto al civile – non mancano, per quanto il 95% dei procedimenti per lesioni personali colpose si concluda con il proscioglimento dell’imputato.
Un aumento frutto dei cambiamenti scientifici e sociali
Il progressivo aumento del contenzioso per responsabilità professionale nei confronti della classe medica è imputabile a motivazioni variegate, che includono:
- il sempre maggiore affinamento tecnico e scientifico della medicina, che ha comportato una maggior prevedibilità del risultato terapeutico e ridotto le cause di giustificazione per insuccesso conseguente ad errore del sanitario;
- il cambiamento del rapporto medico-paziente, che si è man mano sganciato dal modello paternalistico verso una maggiore consapevolezza dei pazienti dei propri diritti, con punte sempre più frequenti di sbilanciamento verso richieste, pressioni e aspettative da parte del paziente e dei familiari spesso eccessive;
- la sempre maggiore quantità di informazioni, anche di carattere tecnico (o apparentemente tali), disponibile online, che creano una falsa cognizione di causa sul problema e sulle sue soluzioni in capo a chiunque;
- la percezione dell’obbligo professionale gravante sul medico sempre di più come un obbligo di risultato, anziché di diligente svolgimento dell’arte medica, frequentemente accentuata nelle prestazioni d’elezione e in quelle in cui l’impegno economico richiesto al paziente ha una certa rilevanza.
Si pensi, in particolare, alle prestazioni mediche con finalità estetiche ed alla crescita esponenziale che ha avuto il relativo contenzioso negli ultimi anni.
Quali sono le aree maggiormente colpite?
In generale, la maggior parte dei casi denunciati riguarda l’attività chirurgica (38,4%), seguita da gli errori diagnostici (20,7%), terapeutici (10,8%) e dalle infezioni (6,7%).
Con specifico riferimento al settore dermatologico, la casistica pubblicata degli ultimi anni concerne in particolare casi di:
– omessa od erronea diagnosi, in gran parte concernente il melanoma (vedi per esempio Cass. Pen., n. 41563/2010; Trib. Pisa del 17.4.2014; Cass. Pen. n. 12184/2016; C. App. Ancona 9.2.2017; C. App. Bologna, n. 101/2017; Trib. Genova, n. 939/2017; Cass. Civ., n. 15750/2018, Cass. Civ., n. 26303/2019) ma frequentemente concernente anche altre patologie (per esempio omessa diagnosi di sindrome di Lyell: Cass. Pen. n. 19755/2009; omessa diagnosi di incontinentia pigmenti: Cass. Civ. 16872/2016; omessa diagnosi di carcinoma: Cass. Civ., n. 15181/2017, Trib. Belluno, n. 218/2018, C. App. L’Aquila 23.10.2018; omessa diagnosi di herpes virus simplex neonatale: Trib. Verona, n. 821/2019)
– erroneo trattamento chirurgico (es. erronea escissione di verruche: Cass. Civ., n. 11752/2018) o farmacologico (es. per i danni causati da accumulo di clorechina: Cass. Civ., n. 6687/2018)
– crescono inoltre i casi segnalati concernenti trattamenti estetici (vedi, per esempio, Cass. Civ., n. 18304/2014 relativo alle conseguenze drammatiche di un trattamento contro la cellulite eseguito nonostante le controindicazioni del caso concreto, o Trib. Napoli, n. 3994/2016 per un caso di erronea esecuzione di epilazione laser).
Cresce il contenzioso da omessa informativa del paziente
Ma crescono in modo importante anche i casi di contenzioso in cui il paziente lamenta di non essere stato adeguatamente informato dal suo medico curante in merito alle possibili conseguenze della prestazione diagnostica, terapeutica od estetica.
Sono numerosi i casi di pazienti che lamentano l’omessa o l’inidonea informativa:
- circa il possibile esito di un intervento medico, sia in relazione a trattamenti aventi finalità curative (vedi, per es., un caso di omessa informativa in merito ai possibili esiti della rimozione di un carcinoma basocellulare alla palpebra: Tribunale di Ravenna, n. 261/2020; oppure conseguenti all’intervento di rimozione di melanoma: Cass. Civ., n. 26303/2019; o ad un intervento di rimozione di nevo: Trib. Modena, n. 2020/2018), sia in relazione a trattamenti aventi scopo estetico (per es. allegata omessa informativa sui possibili esiti della rimozione di tatuaggi: Cass. Civ., n. 9806/2018, e di rimozione di granuloma facciale: C. App. Caltanisetta, 25.1.2019), così come
- in merito a possibili controindicazioni od effetti collaterali dei trattamenti, specie con finalità estetica (vedi, per es., Cass. Pen., n. 32423/2008 e Trib. Bologna, 9.6.2010, entrambe concernenti gli effetti collaterali di infiltrazioni al viso).
Non mancano nemmeno casi in cui le Corti hanno stigmatizzato l’omessa informativa del paziente in merito alle carenze organizzative della struttura sanitaria, qualora siano state tali da arrecare un danno al paziente (vedi, per es., Cass. Civ., n. 18304/2014).
Insomma: al di là del contenzioso che origina da errori medici evitabili, una buona fetta della litigiosità attuale origina dalla scarsa attenzione prestata dai sanitari all’informazione dovuta al paziente su quelli che potrebbero essere i rischi e gli effetti collaterali di un dato trattamento.
Ma attenzione: specie nei trattamenti con finalità estetiche, è proprio sul contenuto del contratto che lega il medico e/o la struttura al paziente e delle informazioni date al paziente su quello che quest’ultimo può attendersi dal trattamento proposto che frequentemente si plasma la responsabilità del medico.
E poi: è proprio vero che il paziente tende a mettersi sulla difensiva o a spaventarsi di fronte allo “zelo informativo” del suo curante, col rischio che rifiuti il trattamento? O è vero proprio il contrario?
Torneremo su questi temi con approfondimenti nei prossimi post.
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